Circolare prot. n. 19/MI.SA. (79) 11 del 09-08-1979
Legge 26 luglio 1965, n. 966 sulla prevenzione incendi – Obblighi e poteri di intervento[1].
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[1] Sull’argomento si veda la Circolare prot. n. 5238/4122/32Q1 del 24-10-2011 sugli obblighi e poteri di intervento in materia di sicurezza antincendio sui luoghi di lavoro di cui al D.Lgs 9 aprile 2008, n. 81.
La Prefettura di Milano, dapprima, e, successivamente, quella di Pavia hanno manifestato motivate perplessità sull’interpretazione di alcuni punti della Legge 26 luglio 1965, n. 966 recante disposizioni in tema di prevenzione incendi, segnatamente per quanto riguarda la effettiva portata degli obblighi e poteri di intervento che, in caso di inosservanza delle disposizioni, la Legge stessa (in particolare l’ultimo comma dell’art. 2 e l’art. 4) pone a carico dei Prefetti e dei Comandanti provinciali dei Vigili del fuoco.
Questo Ministero ha avvertito l’esigenza che le questioni sollevate venissero opportunamente approfondite, al fine di avere una chiara indicazione sul comportamento da tenere, ed ha, pertanto, ritenuto – considerata la rilevanza dell’argomento oltre che le notevoli implicazioni connesse – idi consultare in proposito il Consiglio di Stato.
Si è ora in possesso del parere, n. 1571/78 emesso dalla Sezione prima nella adunanza del 12 gennaio 1979, con il quale i diversi quesiti posti sull’argomento hanno avuto ampia risposta e che si acclude nella sua integralità perché se ne abbia piena e formale conoscenza.
Nell’attirare l’attenzione sulle conclusioni cui è pervenuto il Consiglio di Stato e nell’invitare le S.S.L.L. ad adeguarvisi in modo completo e scrupoloso nell’attività di rispettiva competenza, si ritiene opportuno, pur facendo integrale rinvio al testo ed alle diffuse considerazioni ivi contenute, aggiungere le seguenti brevi note riassuntive, dirette a meglio evidenziare le questioni di fondo che hanno formato oggetto della consultazione:
1) Un primo punto sul quale vi erano dei dubbi, precisamente se vi fosse un vero e proprio obbligo da parte dei Comandi provinciali dei VV.F. di riferire al Prefetto «alcuni» o «tutti i casi» concernenti, inosservanza delle prescrizioni relative alla prevenzione degli incendi, è adesso completamente chiaro, nel senso che:
- tale obbligo sussiste in ogni caso (trattisi, cioè, di violazione degli artt. 2 e 4 della Legge n. 966 del 1965, o comunque dell’ipotesi in cui un interessato, anche se formalmente in regola sotto il profilo della prescritta domanda, versi nelle condizioni di non poter ottenere il rilascio del certificato di prevenzione incendi o non si adegui alle prescrizioni impartite dai VV.F.);
- perché tale obbligo sia debitamente adempiuto, il Comando provinciale dei VV.F. non deve limitarsi ad indicazioni generiche, ma deve sottoporre al Prefetto tutti gli elementi sulla natura dell’inosservanza, sull’attività esercitata, sulla sua pericolosità (da distinguere a seconda che sia tale per le persone ovvero solo per le cose e da graduare con riferimento a molteplici fattori, quali il numero degli addetti, l’ubicazione dell’impresa, la vicinanza dei mezzi di soccorso, l’affidamento che può dare il titolare, ecc.) ed infine sulla possibilità di un proseguimento temporaneo. In tal modo il Prefetto, fatte le valutazioni e comparazioni del caso (da una parte vi è l’interesse pubblico alla prevenzione degli incendi, dall’altra tutti gli altri interessi pubblici, quali la rilevanza dell’attività per l’economia nazionale, le esigenze occupazionali, ecc.), sarà in grado di assumere nella sua discrezionalità le proprie determinazioni, disponendo ove lo ritenga e sempre ricorrano le ipotesi di legge, per la sospensione della licenza, ovvero, ove tali ipotesi non ricorrano o non ritenga di avvalersi della potestà ed in tutti gli altri casi, informando l’autorità competente al rilascio della licenza per la revoca della medesima.
2) L’altro punto sul quale vi erano dei dubbi precisamente se e come dovesse regolarsi il Prefetto, è ora anch’esso completamente chiaro.
Al riguardo viene anzitutto considerato che il potere del Prefetto di sospensione della licenza (potere che può esplicarsi solo ove manchi la domanda intesa a promuovere gli accertamenti di prevenzione incendi e solo in relazione ad attività il cui esercizio sia soggetto a licenza) non è vincolato, ma ampiamente discrezionale.
Pertanto il Prefetto, ricevuta la segnalazione motivata e dettagliata – nei termini di cui sopra – che il Comando provinciale dei VV.F. è tenuto a rivolgergli, assumerà le proprie determinazioni dopo aver tutto responsabilmente e adeguatamente soppesato e dando ampia estrinsecazione dei motivi che di tali determinazioni (che possono essere per la sospensione o non) sono stati a base. Risulta chiarito, in particolare, che la sospensione può essere disposta oltre che per le violazioni di cui all’art. 2 della Legge 966, anche per quelle di cui all’art. 4 della Legge medesima e che, comunque, il provvedimento di sospensione deve essere inteso non come una applicazione meccanica ed automatica della lamentata inosservanza, ma come il risultato di un giudizio ampiamente discrezionale, che opportunamente l’ordinamento ha rimesso al prudente apprezzamento del Prefetto; è stato chiarito, altresì, che il provvedimento di sospensione, all’occorrenza potrà essere preceduto da una formale diffida agli interessati in modo che sia fatta prevalere l’esigenza pubblica più pressante ed importante ed, infine, che qualora il Prefetto non ritenga di disporre la sospensione della licenza ed in tutti gli altri casi in cui non si sia in presenza della possibilità del ricorso a tale potere, il Prefetto debba interessare l’autorità competente al rilascio della licenza, perché provveda alla revoca della stessa.
Detto ciò per quanto attiene alla parte del parere relativa alla portata della normativa circa gli obblighi e poteri di intervento di cui alla più volte ripetuta Legge 26 luglio 1965, n. 966 si ritiene opportuno prospettare – e ciò interessa precipuamente gli Ispettori Regionali ed i Comandi provinciali dei VV.F – che per quanto forma oggetto dell’altra parte, concernente i suggerimenti e le indicazioni specifiche dati dal Consiglio di Stato per il perfezionamento del servizio, questo Ministero ritiene utile dar luogo nel contempo ad uno studio delle innovazioni di carattere organizzativo, la cui introduzione potrà appalesarsi indicata perché l’attuazione dei detti suggerimenti ed indicazioni possa avvenire nel modo più concreto ed efficace.
A tal riguardo, si anticipa la notizia che nello studio, cui si va a procedere, si conta in modo particolare sul contributo tecnico e di esperienza che potranno fornire gli Ispettori Regionali, che all’uopo verranno quanto prima convocati presso questo Ministero.
I Prefetti sono pregati di portare a conoscenza dei Comandanti provinciali dei VV.F. il contenuto della presente e dell’allegato parere, attirandone la personale attenzione per lo scrupoloso adempimento. Di tanto, vorranno poi cortesemente favorire un cenno di assicurazione.
Il Commissario del Governo per la provincia di Trento ed il Commissario del Governo per la provincia di Bolzano sono pregati di voler rendere edotti dell’allegato parere e del seguito quindi da darvi per quanto di loro competenza i Comandanti dei rispettivi Corpi provinciali dei VV.F.
Allegato
Consiglio di Stato. Adunanza della Sezione I – 12 gennaio 1979 Sez. N. 1571/78
Legge 26 luglio 1965, n. 966
Quesito in merito alla prevenzione incendi degli stabilimenti industriali.
Vista la relazione in data 30 ottobre 1978 con la quale il Ministero dell’interno, Ufficio studi e legislazione, chiede il parere del Consiglio di Stato in ordine ad una questione concernente l’interpretazione degli artt. 2 e 4 della legge 26 luglio 1965, n. 966, nella parte in cui concernono gli obblighi e i poteri di intervento degli organi dello Stato nella prevenzione degli incendi.
Esaminati gli atti e udito il relatore;
Ritenuto in fatto:
Riferisce il Ministero che due recenti episodi, di cui al noto e gravissimo incidente verificatosi negli impianti industriali della Società Icmesa di Seveso, hanno fatto avvertire in modo particolarmente acuto per l’Amministrazione l’esigenza di una appropriata indagine in ordine alla normativa contenuta in tema di prevenzione incendi nella legge 26 luglio 1965, n. 966, ed in particolare circa la effettiva portata degli obblighi e dei poteri di intervento previsti da detta normativa da parte di determinati organi dello Stato.
I due episodi sono:
- il deferimento a giudizio di responsabilità contabile per la rivalsa del danno subito dalla finanza pubblica in dipendenza dei fatti di Seveso, di varie persone, fra cui i Comandanti provinciali dei vigili del fuoco succedutisi in Milano dal gennaio 1965 con l’addebito (ravvisato quale inadempienza relativa alla ripetuta normativa) di non aver dato notizia al Prefetto che detti impianti erano sprovvisti del certificato di prevenzione incendi;
- l’iniziativa (strettamente correlata col deferimento predetto) con la quale il Comandante provinciale dei vigili del fuoco di Milano ha ultimamente segnalato a quel Prefetto che, in atto, alcune grosse industrie operanti nel territorio di quella provincia sono sprovviste del certificato di prevenzione incendi e ha preannunciato ulteriori analoghe comunicazioni a mano a mano che casi del genere avranno ad emergere. È stato in relazione a tale iniziativa che il Prefetto di Milano ha rappresentato l’esigenza di chiare norme di comportamento, che evitino la presunzione di determinazioni che potrebbero essere ritenute giuridicamente errate e foriere di responsabilità.
Ciò premesso, nella considerazione che occorra fornire con l’urgenza del caso, le opportune norme di indirizzo per la dovuta azione dei competenti organi chiamati ad intervenire al riguardo, il Ministero passa ad approfondire quanto in proposito emerge dalla normativa contenuta nella legge 26 luglio 1965, n. 966, che regola la fattispecie, cominciando dall’art. 2 di questa che impone all’esercente di depositi ed industrie pericolose l’obbligo di richiedere le visite ed i controlli di prevenzione. Per ottemperare a tale obbligo, gli interessati devono presentare domanda al Comando provinciale dei vigili del fuoco competente per territorio; in caso di inosservanza di tale obbligo e fino al suo adempimento, gli interessati, oltre ad andare soggetti alle eventuali sanzioni penali, possono andare incontro alla sanzione di carattere amministrativo, prevista dalla medesima norma, quale la sospensione della licenza, «che può essere disposta dal Prefetto».
Espone il Ministero che non sembra esservi dubbio che la concezione del legislatore sia stata di imporre all’interessato un comportamento attivo, consistente nel promuovere con l’osservanza di determinate modalità le visite ed i controlli di prevenzione incendi, e di prevedere esplicitamente, ove detto comportamento attivo manchi ed in aggiunta alla applicazione delle sanzioni di carattere penale previste dalle norme che regolano singole fattispecie, il possibile intervento del Prefetto per la sospensione della licenza «fino all’adempimento dell’obbligo».
Alcuna indicazione vi è, però, nella norma circa chi è tenuto a segnalare al Prefetto che si è verificata la situazione di inadempienza di cui si parla, segnalazione intesa a porre detto organo in grado di esaminare se sia il caso o meno di disporre la sospensione. Tale mancata indicazione non può non intendere altro che la detta segnalazione può essere fatta da chiunque abbia cognizione del fatto.
Ovvio sembra allora al Ministero che in tale lata visione, la segnalazione al Prefetto può bene avvenire anche da parte del Comando provinciale dei vigili del fuoco, qualora in un qualunque modo, ne sia venuto a conoscenza. Pur dicendo in un qualunque modo, il Ministero tiene ad aggiungere subito che al Comando provinciale dei vigili del fuoco non è, però, fatto alcun carico di accertamento di ufficio della situazione dei depositi ed industrie pericolose esistenti nel territorio di competenza e pertanto che possono ben verificarsi casi di attività pericolose soggette al loro controllo, ma che, per il mancato comportamento attivo degli interessati, si svolgono senza che da parte del Comando se ne abbia la minima conoscenza e quindi senza la possibilità della conseguente segnalazione al Prefetto.
Dopo avere svolto le precedenti considerazioni in ordine al contenuto dell’art. 2, il Ministero passa all’esame del successivo art. 4, che regola in modo concreto gli accertamenti e i controlli di prevenzione incendi demandati ai Comandi provinciali dei vigili del fuoco, e che dispone, in sintesi, la compilazione da parte dell’Autorità amministrativa di un elenco delle industrie pericolose e la determinazione della periodicità delle visite nonché l’obbligo per le industrie di richiedere le visite e i controlli al termine di scadenza prescritto o anche prima in caso di variazioni delle lavorazioni o delle strutture.
Dalla dizione letterale della norma si evince chiaramente, secondo il Ministero, che la concezione seguita dal legislatore è stata che, scaduta la validità (pari alla periodicità delle visite) del certificato di prevenzione o ricorrendo l’ipotesi (indipendentemente dalla cennata periodicità) di cui al secondo comma, sorge nuovamente per l’esercente l’obbligo di richiedere altra visita al Comando provinciale dei vigili del fuoco per ottenere, espletati i nuovi accertamenti, il rinnovo del certificato.
Espone peraltro il Ministero che, mentre è chiaro che le modalità da seguire per l’osservanza di tale obbligo e quello per chiedere la nuova visita di prevenzione non possono essere che le stesse di cui al precedente art. 2, nulla fa pensare che la inosservanza dell’obbligo medesimo abbia per effetto una automatica applicazione delle restanti disposizioni contenute nell’art. 2 ed in particolare di quella più avanti partitamente esaminata la quale prevede che il Prefetto può disporre la sospensione della licenza fino all’adempimento dell’obbligo.
Conduce – ad avviso dell’Amministrazione – ad una tale interpretazione, in aggiunta al rilievo di fondo costituito dal tenore letterale dell’art. 4, la considerazione che nella specie trattasi di un potere straordinario attribuito al Prefetto che, per il suo particolare carattere e soprattutto per gli esiti che dispiega (si pensi alle conseguenze sul piano della produzione industriale e della occupazione) non può essere esercitato che nei casi esplicitamente previsti. Di più, viene sottolineato che le situazioni sono di molto differenti, tenuto conto che nel caso dell’art. 2, si ha l’ipotesi di chi avvia un’attività pericolosa in spregio al principio fondamentale che vuole che vengano preventivamente promossi i necessari assentimenti sotto il profilo della sicurezza, mentre nel caso dell’art. 4 si versa nella ipotesi meno grave, sempre sotto il profilo della sicurezza, di chi continua a svolgere l’attività a suo tempo consentita, lasciando però decorrere il termine per il nuovo accertamento e controllo e quindi versa nella inadempienza, che in molti casi può essere puramente formale, della mancata richiesta del nuovo certificato. Mentre nel primo caso si ha una situazione di grave abuso, che di per sé giustifica l’altrettanto grave misura della sospensione della licenza, prevista esplicitamente dalla norma, nel secondo la situazione è indubbiamente diversa e rispetto ad essa il ricorso al potere prefettizio di sospensione tornerebbe quanto meno sproporzionato.
Su una tale diversità di situazione, il Ministero ritiene che non possa non essersi soffermato il legislatore, allorché ha proceduto alla regolamentazione delle due diverse fattispecie e pertanto è dell’avviso che è ad una tale specifica valutazione che debba ascriversi il fatto che le due disposizioni sono letteralmente diverse.
Conseguenza inevitabile, ove si condivida la suesposta interpretazione che il Ministero ritiene di dare alle previsioni contenute nell’art. 4, dovrebbe essere che, non essendovi, per l’ipotesi della loro inosservanza da parte dell’esercente, la possibilità di esplicazione del potere prefettizio di sospensione attribuito solo nel più grave caso contemplato nell’art. 2, non sussisterebbe neanche il corrispondente obbligo a carico del Comando provinciale dei VV.F. della relativa segnalazione al Prefetto.
Il Comando, peraltro, potrebbe ritenere opportuno di procedere ugualmente alla segnalazione di che trattasi al Prefetto.
Questo sarebbe proprio il caso – espone ancora il Ministero – che si è testé verificato a Milano ed in relazione al quale quel Prefetto si è rivolto ai superiori organi chiedendo di avere opportune indicazioni.
In presenza di una tale iniziativa, il Ministero sarebbe di avviso di chiarire che nella specie, trattandosi di industrie nei cui confronti fu a suo tempo consentito lo svolgimento dell’attività pericolosa e che devono soltanto mettersi in regola per quanto concerne il rinnovo della certificazione di prevenzione incendi, non si versa nell’ipotesi per cui può procedersi alla sospensione della licenza.
L’Amministrazione intenderebbe aggiungere, peraltro che a fronte della ricevuta comunicazione (che in effetti, con la relazione che una industria continua ad operare scaduto il certificato di prevenzione incendi, mette in evidenza che si versa in violazione di un disposto di legge), torna legittimo un intervento del Prefetto sotto forma di una formale diffida ai titolari dello stabilimento industriale perché regolarizzino nel più breve tempo la situazione.
Tale diffida, oltre a rispondere al fine della dovuta attivazione dei pubblici poteri, allorché a conoscenza di una violazione di legge, costituirebbe una rafforzata responsabilizzazione degli autori della violazione stessa.
In tale diffida, assieme alla relazione tecnica del Comando dei vigili del fuoco che l’ha promossa, andrebbe portata a conoscenza, per quanto di ulteriore competenza, all’Autorità che ha rilasciato la licenza d’esercizio in vista dei possibili provvedimenti che detta Autorità è tenuta ad adottare in forza del rapporto, diretto e continuo, esistente tra chi rilascia la licenza, e il destinatario di questa che implica ampi poteri del primo cui l’altro è subordinato.
Aggiunge in proposito il Ministero che, di massima la valutazione connessa con le modalità con le quali viene esercitata l’attività che forma oggetto della licenza (e tra tali attività rientra anche il rispetto delle prescritte condizioni di sicurezza) e quindi ogni conseguente iniziativa, volta alla regolarizzazione di rilevate inosservanze, compete, in primo luogo, all’Autorità da cui promana la licenza e che, a seconda delle circostanze, potrà intervenire addirittura con la revoca della licenza stessa o, quanto meno, con l’assoggettamento a particolari inosservanze o con la fissazione di determinati termini, etc.
Nella considerazione delle possibili ripercussioni che della lamentata inosservanza delle disposizioni sulla prevenzione degli incendi può avere in specifici e particolarmente delicati settori (da quello sanitario, a quello di tutela della salute delle maestranze, a quello delle conseguenze sull’occupazione), potrà essere opportuno, infine, secondo il Ministero, che, a seconda delle circostanze, della intimata diffida e degli atti correlati venga data notizia, anche qui per l’azione che loro istituzionalmente compete, agli organi provinciali di vigilanza facenti capo ai Ministeri del lavoro e della sanità, oltreché, ovviamente, agli organi della Regione e, ove trattasi di azienda a partecipazione statale, al Ministero che le sovraintende.
Il Ministero precisa che quanto sopra ipotizzato si riferisce al caso che la comunicazione al Prefetto riguardi una irregolarità che potrebbe definirsi formale, quale quella del non aver ottemperato, l’esercente, all’obbligo di richiedere il rinnovo del certificato di prevenzione incendi. La situazione irregolare, oggetto della eventuale comunicazione, può peraltro essere di diversa natura e riguardare cioè aspetti sostanziali, quale il trovarsi lo stabilimento al momento della rinnovazione periodica del certificato in una condizione di inosservanza delle norme di prevenzione. È ovvio che una tale ipotesi, oltre ad impedire addirittura il rilascio del predetto certificato, può configurare, ove la violazione delle norme di sicurezza che regolano la fattispecie sia sanzionata penalmente, un reato. In un caso del genere (ed è sottinteso che su questo punto i riferimenti che vengono forniti dal Comando provinciale dei VV.F. devono essere espliciti: a tal riguardo in uno alla diffida, si è parlato più avanti di atti alla stessa correlati), di tutto quanto gli sarà stato comunicato, il Prefetto dovrà anzitutto informare l’Autorità giudiziaria, per l’eventuale seguito di competenza di questa sotto il profilo penale. Anche su detto aspetto, che la questione può involgere, il Ministero non mancherà di attirare l’attenzione del Prefetto.
Conclude l’Amministrazione riferente nel senso che queste sarebbero le considerazioni che, alla stregua della normativa in argomento, essa sarebbe portata a formulare in risposta al quesito in esame. La delicatezza della questione ed il fatto che trattasi di una azione di indirizzo per i competenti organi hanno fatto peraltro ritenere opportuno l’audizione in via preventiva di questo Consiglio.
Considerato:
I quesiti formulati dal Ministero attengono sostanzialmente ai compiti che devono essere svolti dai Comandi provinciali dei VV.F. e ai poteri che possono o debbono essere esercitati dai Prefetti nell’attività di prevenzione degli incendi.
All’uopo, prima di passare al dettagliato esame delle norme contenute nella legge 26 luglio 1965, n. 966, appare necessario puntualizzare nella maniera più sintetica e precisa possibile, alla luce delle disposizioni generali sull’organizzazione e lo svolgimento dei servizi antincendi, quali siano in via di principio i poteri e i doveri facenti carico agli organi in parola.
Essi possono essere così riassunti.
I Comandi provinciali dei VV.F., sotto la direzione o vigilanza del Prefetto e del Ministero dell’interno, esercitano compiti di polizia amministrativa, consistenti nella prevenzione ed estinzione degli incendi e nella tutela in genere della pubblica incolumità, nonché compiti di polizia giudiziaria (art. 16 della legge 13 maggio 1961, n. 469, in riferimento agli artt. 219 e ss. del c.p.p.) alle dirette dipendenze della Procura della Repubblica per accertare e impedire, nello specifico settore, i reati e scoprirne i colpevoli.
Tralasciando per il momento quest’ultima attività (polizia giudiziaria) che al fine di specie non interessa, deve osservarsi come il servizio di prevenzione e estinzione incendi, nonché quello, più in generale, di tutela della incolumità delle persone rientrano nell’ambito della c.d. «attività di pubblica sicurezza», di cui essi debbono considerarsi una specificazione «ratione materiae». Ciò in quanto, come si evince dalla lettura dell’art. 1 del R.D. 18 giugno 1931, n. 773 (T.U. delle leggi di pubblica sicurezza), costituisce compito naturale e indefettibile dell’autorità della P.S., tra gli altri, il vegliare sulla incolumità dei cittadini, il curare l’osservanza delle leggi e dei regolamenti nonché il portare soccorso nel caso di pubblici e privati infortuni. L’osservazione in parola, per ora solo accennata, non è di poco conto se si pensa, come nel prosieguo del presente parere verrà poi più ampiamente esposto, che da essa deve farsi logicamente discendere il principio per cui, tutte le volte che la normativa speciale sugli incendi e gli altri eventi calamitosi non copra per l’intero l’area dei possibili accadimenti, devesi allora far capo, allo scopo di colmare la lacuna, alle norme generali in tema di polizia amministrativa di sicurezza.
Venendo ora ad esaminare la disciplina specifica dettata dal legislatore nel settore della polizia amministrativa degli incendi possono formularsi le seguenti considerazioni.
Costituisce innanzi tutto compito degli organi preposti non solo la «estinzione» degli incendi, ma anche la loro «prevenzione» e l’esplicazione di «servizi e soccorsi tecnici in genere per la tutela della incolumità delle persone», (art. 1, 25, 33 lettere g, h, i, l della legge 27 dicembre 1941, n. 1570; art. 1 lettera a, 12, lettere e, f, i, l della legge 13 maggio 1961, n. 469).
L’ordinamento distingue pertanto i compiti dei VV.F. in tre distinte categorie:
- compiti da eseguirsi d’ufficio, obbligatoriamente e gratuitamente: sono costituiti dal servizio di estinzione incendi e dall’apporto di soccorsi tecnici urgenti (artt. 25 e 26, 1° comma della legge 27 dicembre 1941, n. 1570);
- compiti da eseguirsi obbligatoriamente, ma a richiesta e a pagamento (pur essi obbligatori). Sono da identificare nelle visite e negli speciali servizi di prevenzione e di vigilanza delle attività c.d. «pericolose» (art. 25, secondo comma della legge 27 dicembre 1941, n. 1570, e artt. 2 e 4 della legge 26 luglio 1965, n. 966);
- compiti da eseguirsi facoltativamente (nei limiti delle possibilità e disponibilità), a richiesta e a pagamento.
Consistono nella esecuzione di studi, ricerche, controlli, servizi di vigilanza e servizi tecnici non urgenti (art. 26, secondo comma della legge 27 dicembre 1941, n. 1570 e art. 3 della legge 26 luglio 1965, n. 966).
Come si vede, in tale sistema la legge 26 luglio 1965, n. 966 (recante il titolo: «Disciplina delle tariffe, delle modalità di pagamento e dei compensi al personale del Corpo nazionale dei VV.F. per i servizi a pagamento») è intervenuta, nell’ambito più ampio dell’organizzazione dei servizi antincendi direttamente disciplinata dalle leggi 27 dicembre 1941, n. 1570 e 13 maggio 1961, n. 469, a regolare l’espletamento dei compiti di cui ai citati nn. 2 e 3, e cioè di quelli da effettuare a pagamento dietro richiesta della parte interessata. Tra quelli di cui al n. 2 (a richiesta e obbligatori) rientrano, come si è già esposto, quelli di prevenzione antincendi per le industrie incluse in appositi elenchi con decreto del Ministero dell’interno da emanare di concerto con il Ministro per l’industria e il commercio «in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza degli impianti» (art. 4 della stessa legge n. 966/1965).
Può dunque ora procedersi alla disamina delle norme contenute nella citata legge n. 966 del 1965 distinguendo tra le ipotesi di cui all’art. 2 e quelle di cui all’art. 4.
Prima occorre peraltro in via preliminare e generale avvertire che le osservazioni che si andranno a esporre, soprattutto per ciò che attiene alla concreta fattività delle soluzioni proposte e ai profili di opportunità che si affronteranno, dovranno essere coordinate con la attenta considerazione degli altri compiti che leggi operanti in diversa, seppure similare, materia affidano ai Comandi provinciali dei VV.F. (si allude ad es. alla legge 13 luglio 1966, n. 615 contro l’inquinamento atmosferico e agli artt. 6 e seguenti della legge 8 dicembre 1970, n. 916, in tema di pubbliche calamità).
I problemi che si pongono in sede di applicazione della legge n. 966/1965 possono così formularsi:
1) Occorre accertare quali siano le incombenze facenti carico ai VV.F. sulla base dell’art. 2 della legge (in sede di prima richiesta di certificato di prevenzione antincendi). Mentre infatti la citata norma pone espressamente, a carico degli esercenti le attività tenutivi, l’obbligo preciso di presentare la richiesta per la visita, nulla dice su chi sia tenuto a verificare l’adempimento di tale obbligo e a interessarsi per l’eventuale applicazione delle sanzioni pure previste (sospensione della licenza di esercizio).
Da ciò peraltro non può dedursi che sui VV.F. non incomba in proposito alcun onere.
Il fatto è che se la legge 26 luglio 1965, n. 966, tace, sono invece molto eloquenti le disposizioni normative più sopra citate che riguardano più in generale i compiti affidati al Corpo dei VV.F., e che stabiliscono tra le loro funzioni anche quella, di pari importanza, della «prevenzione incendi».
Se dunque i Comandi provinciali dei VV.F. devono perseguire come uno dei propri fini naturali – per i quali sono precipuamente costituiti – quello della prevenzione (oltreché della estinzione degli incendi) sembra logico farne derivare la conseguenza che essi devono anche adoperarsi di propria iniziativa per la più completa osservanza da parte di chiunque delle relative norme antincendi. Poiché prevenzione questo per l’appunto significa, che deve essere realizzato e posto concretamente in essere ogni possibile mezzo di cui la tecnica e la scienza umana dispongano per scongiurare il verificarsi di eventi calamitosi e tale compito non può considerarsi esaurito semplicemente allorché si è posto in essere ciò che in maniera diretta a tal fine compete, ma, più in generale, sorvegliando che chiunque ne sia coinvolto faccia in proposito la parte che l’ordinamento gli assegna. Nell’ambito da ultimo indicato rientra certamente la verifica della presentazione delle istanze da parte delle imprese che vi sono obbligate.
Deve dunque riaffermarsi in via di principio che fa carico ai VV.F. l’obbligo preciso di porre in essere una positiva attività nell’ambito della prevenzione incendi sotto due distinti profili:
1) dapprima accertando che vengano presentate le domande intese a ottenere il certificato di prevenzione antincendi, 2) e successivamente curando di effettuare i sopralluoghi di competenza completando al più presto l’iter del procedimento. Ovviamente tale obbligo è condizionato dalle concrete possibilità di azione che ogni Comando provinciale dei VV.F. possiede e, più in generale, dalle strutture giuridiche predisposte in via di disciplina normativa dal legislatore.
All’uopo può facilmente osservarsi come l’ordinamento non ha attribuito ai VV.F. (se non nella loro qualità, al momento non rilevante, di agenti di polizia giudiziaria) i poteri specifici di minuta indagine e di investigazione, con le correlative facoltà di adottare comportamenti autoritativi, che sarebbero pur sempre necessari per una sicura ed efficiente organizzazione del servizio di rilevazione richiesto che dovrebbe estendersi in tutto il territorio di competenza e con riferimento a ogni tipo di attività definita «pericolosa» (leggasi in proposito il lungo elenco di cui al D.M. 27 settembre 1965). Resta per altro pur sempre possibile e quindi doverosa – tanto più che non sembrano ostarvi difficoltà fattuali insormontabili – l’organizzazione, per i titolari di attività rientranti tra quelle previste che vengono comunque a conoscenza dei singoli Comandi provinciali, di un servizio di schedatura delle stesse con contemporanea formazione, dopo il rilascio d’ogni certificato antincendi, di uno scadenzario corrispondente alla durata di efficacia naturale dei certificati medesimi. Il che, pur essendo evidentemente scarsamente utile ai fini della individuazione in concreto dei nominativi da includere nell’elenco, avrebbe peraltro il pregio, per le attività che vi sono una volta incluse (e ciò può avvenire in dipendenza di molteplici fattori quali ad es. la prima richiesta degli interessati, eventuali denunce di privati, segnalazioni di altre autorità ecc.), di consentire in prosieguo un puntuale controllo dei successivi adempimenti cui i rispettivi titolari, in vista della prevenzione antincendi, sono tenuti.
Certamente, come si è accennato, questo servizio di schedatura e di programmazione della attività di prevenzione coprirebbe solo parte dell’area da sorvegliare e lascerebbe invigilato l’altro settore – forse più pericoloso – relativo alle attività nocive che rimangono sconosciute ai VV.F. o perché i rispettivi titolari non si sono mai premurati di avanzare le dovute richieste oppure anche perché ne sono mancate «in toto» le segnalazioni. Qui peraltro occorre invocare il principio, già enunziato, secondo il quale, in difetto di specifiche norme «ad hoc», devono ritenersi applicabili in materia le disposizioni generali sulla polizia amministrativa che affidano in via normale agli organi competenti la cura della sicurezza dei cittadini e l’osservanza delle legge e dei regolamenti.
E poiché non può ammettersi che l’esercizio di attività pericolose per la pubblica e privata incolumità possa svolgersi in concreto al di fuori di ogni lecita ingerenza di pubblici poteri, soprattutto allorché esistano norme precise e fondamentali dell’ordinamento che ciò vietino, deve concretamente concludersi che la lacuna delle specifiche disposizioni deve colmarsi con l’applicazione al caso delle norme appartenenti allo stesso più ampio settore amministrativo considerato nella specie a quello di pubblica sicurezza (T.U. 18 giugno 1931, n. 773, e successive modificazioni e integrazioni). Ne consegue che l’obbligo di curare che i privati esercenti talune attività presentino le istanze intese a ottenere il rilascio del certificato di prevenzione degli incendi incombe, nei limiti in cui esso non ricada – per carente predisposizione da parte dell’ordinamento dei relativi mezzi giuridici – sui VV.F., sulle autorità locali di P.S., che sono, come è noto, il Prefetto, il Questore, l’ufficio locale di P.S. e il Sindaco (art. 1 del citato T.U. n. 773).
All’uopo è rimesso evidentemente alla potestà discrezionale del Ministero dell’interno, e costituisce un problema di tecnica organizzativa e di opportunità lo stabilire – ferma restando l’esistenza dell’obbligo – come e con che mezzi concreti, in relazione a tutte le esigenze pubbliche che si riconnettono all’azione delle autorità di PS, l’obbligo stesso possa essere assolto.
In proposito peraltro la Sezione, nello spirito di collaborazione nei confronti della Amministrazione e nella contemplazione dei pubblici interessi in questione, ritiene utile suggerire qualche concreta soluzione che il Ministero vorrà considerare quale possibile criterio per le determinazioni di sua competenza.
Innanzi tutto per le nuove attività pericolose che si dovessero autorizzare e per le eventuali loro varianti appare possibile restringere ulteriormente l’area della evasione, da parte delle imprese, dell’obbligo di richiedere la visita antincendi disponendo o concordando con le varie autorità eventualmente competenti all’emanazione della correlativa autorizzazione di esercizio o di variante che prima si accertino del preventivo rilascio del certificato di prevenzione antincendi o, secondo i casi, diano comunicazione al locale Comando dei VV.F. dell’esistenza delle istanze o delle attività considerate. E’ necessario in proposito che il Ministero verifichi, per ciascuna delle categorie (che sono 100 visto il decreto ministeriale 27 settembre 1965) di attività soggette a visita, se esse abbisognino, sulla base del nostro ordinamento, di una particolare autorizzazione, che natura essa eventualmente abbia e quale sia la autorità competente al rilascio; questa potrà di volta in volta essere identificata nel Sindaco (per es. tutte le licenze di commercio) o nella Regione o nello stesso Prefetto o Questore ovvero ancora nelle varie autorità centrali, il che consentirà poi di procedere alla programmazione degli interventi e della collaborazione tra pubblici poteri da porre in essere per il raggiungimento dello scopo.
Che se poi vi fossero, come è pur possibile, attività non soggette in via di principio ad alcuna licenza, così come nella ipotesi che attività soggette a preventiva autorizzazione vengano esercitate abusivamente, appare allora di tutta evidenza indispensabile che si provveda, a cura della autorità locale di P.S., alla loro identificazione e segnalazione ai VV.F. con contemporanea denuncia della stessa per le ipotesi da ultimo citate, a chi sia competente eventualmente a disporre la chiusura o a sanzionare comunque l’abuso.
Quanto poi alle attività che sono ormai da tempo installate, per le quali i criteri finora esposti non possono trovare applicazione (atteso che essi si riferiscono alle nuove iniziative e non già alle passate), deve evidentemente studiarsi il sistema di pervenire, con gradualità e conformemente alle disponibilità, al loro censimento completo analitico con contemporanea verifica della loro regolarità agli effetti delle norme di prevenzione antincendi e con denuncia ai VV.F. di quelle che vi contrastino. il compito di rilevamento in parola appare ad esempio più idoneamente eseguibile da parte dei sindaci dei Comuni interessati, sia per la loro vicinanza con le iniziative e i problemi locali, che per la incisività e capillarità della loro possibile azione.
In relazione alle notizie raccolte o pervenute nei modi sopraddetti, i VV.F. sono poi tenuti a verificare se sia stata presentata l’istanza intesa a ottenere il rilascio del certificato di prevenzione, invitando se del caso con urgenza e con prefissione di brevi termini i privati interessati a rispettare i propri obblighi.
In proposito deve sottolinearsi come l’obbligo di presentare la richiesta per la visita e il controllo di prevenzione degli incendi (in questo senso si esprime l’art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966 non può ritenersi adempiuto, così come si evince dallo spirito e della logica della legge, con il mero inoltro di una domanda redatta in maniera generica e imprecisa. L’istanza, invece, per corrispondere al suo scopo – che è quello di sollecitare l’intervento dei VV.F. – deve essere redatta in termini molto precisi e analitici e va corredata degli elementi indispensabili per consentire agli stessi vigili lo svolgimento dei propri compiti (visita e controllo); ne segue che essa non solo deve essere accompagnata – il che è ovvio – dalla quietanza del versamento di un deposito provvisorio per le spese di sopralluogo (in tal senso esplicitamente art. 6 della legge n. 966/1965), ma anche da tutte le altre notizie, chiarimenti, planimetrie, schemi, formule dai quali possa individuarsi con accuratezza il suo oggetto e che siano da ritenersi comunque necessari per accertare la rispondenza dell’attività svolta o da svolgere alle norme di prevenzione antincendi.
Senza di che la domanda non può giudicarsi idonea, al fine assegnatogli dalla legge che è quello – ripetesi – di promuovere l’esperimento di un procedimento amministrativo inteso a verificare il rispetto delle norme di prevenzione degli incendi e va ritenuta, in difetto, «tanquam non esset» atteso che solo una istanza completa di tutte le sue essenziali componenti può integrare la fattispecie legislativa e soddisfare pienamente le intenzioni del legislatore. In proposito si ritiene in pratica utile che i VV.F. stabiliscano in via preventiva e generale – attenendovisi poi scrupolosamente – quali siano le notizie e le informazioni che, in relazione alle varie attività, devono essere necessariamente fornite nelle domande, in modo da rendere edotti fin dall’inizio gli interessati dei loro precisi obblighi ed evitare poi successivi interventi istruttori e integrativi che si appalesano, in quanto tali, ingeneratori di confusione e perplessità e che potrebbero suscitare dubbi circa l’effettiva portata dell’obbligo.
Della mancata presentazione dell’istanza (completa di tutti i suoi elementi così come indicato) i VV.F. sono tenuti a dare immediata comunicazione al Prefetto, così come sono parimenti tenuti da parte loro a effettuare per le istanze presentate, le visite e i controlli occorrenti per la più sollecita possibile definizione delle pratiche, nonché ad operare, ove si appalesi necessario in sede di sopralluogo e sempre con riferimento alle ipotesi di avvenuta presentazione della domanda, la segnalazione di eventuali situazioni di particolare pericolosità che richiedano, ad opera del Prefetto o del Sindaco, l’emanazione di urgenti provvedimenti. Di questi particolari obblighi si tornerà a parlare ancora in occasione dell’esame dei poteri del Prefetto che vengono ora in considerazione.
2) L’art. 2 della legge 26 luglio 1965, n. 966, pone anche un secondo problema che è quello relativo ai poteri spettanti nella soggetta materia al Prefetto.
Sul punto ritiene la Sezione di poter così sintetizzare le proprie osservazioni.
L’ultimo comma della richiamata disposizione di legge stabilisce che «in caso di inosservanza… può essere disposta dal Prefetto la sospensione della licenza di esercizio fino all’adempimento dell’obbligo». Concorda la Sezione nel ritenere che il provvedimento di sospensione in parola può essere pronunciato solo in caso di mancata presentazione, da parte dei soggetti tenutivi, della domanda diretta a richiedere la visita e i controlli dei VV.F. e fino alla loro presentazione; deve però precisarsi, in conformità delle considerazioni come sopra svolte, che la domanda cui deve allo scopo aversi riguardo è la domanda completa, nei sensi già esposti, di tutti i suoi elementi e non già una qualunque domanda.
Appare inoltre evidente che la potestà di sospensione delle licenze di esercizio che spetta al Prefetto non è vincolata, ma, al contrario, ampiamente discrezionale. Di tale discrezionalità ritiene la Sezione che debba essere effettuata in concreto reale ed effettivo uso non potendosi consentire con la paventata possibilità, da taluno adombrata, che i Prefetti o alcuni tra essi, per evitare ogni sempre possibile addebito e per considerazioni di tranquillità personale, ordinino «sempre», a scanso di incidenti, la sospensione della licenza; un tale timore presupporrebbe che essi rinunciassero ai compiti e alle responsabilità che la legge stessa assegna loro in maniera precisa ed è fugato invece dalla considerazione che tale potere è stato affidato ad essi proprio in vista del loro alto livello di esperienza e di preparazione nonché della loro efficienza.
Vero è, soltanto, invece, che per rendere possibile il concreto esercizio di tali facoltà discrezionali i Prefetti debbono essere messi in grado di disporre di precise notizie e di idonei e uniformi criteri di massima. A tale legittima esigenza sembra peraltro possa ovviarsi nel seguente modo.
Innanzi tutto appare logico che i Comandi provinciali dei VV.F., nell’effettuare le segnalazioni di competenza, non si limitino ad una mera indicazione dei fatti ma forniscano anche sintetiche informazioni sulla attività presa in considerazione completa dei suoi elementi (materie trattate, ubicazione, numero degli operai, ecc.) ed esprimano il loro motivato e ponderato parere sulla pericolosità, ai fini della prevenzione incendi, del proseguimento in via temporanea dell’esercizio delle stesse. In relazione a tali circostanze il Prefetto valuterà innanzi tutto la pericolosità dell’attività distinguendola a seconda che sia tale per le persone ovvero solo per le cose e graduandola con riferimento a molteplici fattori tra i quali possono annoverarsi, innanzi tutto, la natura stessa delle materie trattate (sotto questo profilo d’altra parte si fonda la distinzione in cinque gruppi, contenuta nel decreto ministeriale 27 settembre 1965, delle attività a seconda che siano soggette, rispettivamente, a visite annuali, biennali, triennali, quinquennali o «una tantum»), il numero degli addetti, l’ubicazione dell’impresa, diverse possono essere le valutazioni per l’esercizio di una attività pericolosa in luogo isolato ovvero in pieno centro abitato, la eventuale esistenza di un servizio di custodia e di sorveglianza, la vicinanza dei mezzi di soccorso, la serietà e l’affidamento che il titolare dell’impresa può offrire e ogni altro ritenuto comunque utile.
Infine il Prefetto dovrà comparare le valutazioni così effettuate, che afferiscono soltanto all’interesse pubblico della prevenzione degli incendi, con altri interessi pubblici da tenere pur essi presenti quale quello concernente, ad esempio, la salvaguardia di attività produttive o commerciali di primario o vitale interesse per la popolazione o l’economia del Paese ovvero anche quello della occupazione delle maestranze che traggono le fonti del proprio sostentamento dall’attività considerata con i conseguenti riflessi sull’ordine pubblico che vi sono connessi.
Dopo di che egli dovrà assumere le proprie determinazioni in un senso o nell’altro, facendole se del caso procedere da una formale diffida agli interessati, in modo che sia fatta prevalere l’esigenza pubblica più pressante e importante che non sempre è da identificare in quella di evitare comunque lo scoppio di incendi. Deve in proposito ribadirsi che allorché il Prefetto compia, così come descritto, le proprie valutazioni con serietà e responsabilità, dando ampia estrinsecazione dei motivi che le determinano e formulando di conseguenza il proprio convincimento sulla base di una saggia ponderazione delle circostanze del momento avrà raggiunto quel grado di prudenza, adeguato alla delicatezza della materia, che dovrà in ogni caso esimerlo da responsabilità per eventuali conseguenze dannose che potessero poi in concreto verificarsi e che nessuna preveggenza umana può con assoluta certezza impedire. Ciò in quanto gli apprezzamenti discrezionali degli organi amministrativi sono per principio sottratti (a meno che non siano inficiati da grave carenza di logica o di fatto) al sindacato della autorità giudiziaria e in ogni caso non può farsi colpa al Prefetto, che abbia esperito in piena coscienza tutte le indagini all’uopo necessarie, di ogni evento che possa derivare dall’espletamento da parte di privati di attività pericolose sulle quali egli può in qualche modo influire. Ogni diversa opinione comporterebbe, nella materia, la paralisi di ogni pubblico potere e trasformerebbe quella che dal legislatore è prevista saggiamente come una funzione da esercitarsi caso per caso in vista dei molteplici interessi che vi sono implicati in una automatica e meccanica applicazione di stereotipati provvedimenti di sicurezza per i quali la Amministrazione, anziché costituire la parte attiva si profilerebbe come spettatrice impotente e inoperosa.
Qualora il Prefetto non ritenga di disporre la sospensione della licenza egli è comunque tenuto a interessate la autorità competente al suo rilascio perché provveda alla revoca di essa atteso che, in carenza di adempimento da parte del titolare di precisi obblighi di legge, vengano a mancare le condizioni per il suo legittimo esercizio e che comunque non può consentirsi in via normale lo svolgimento di attività non in regola con le norme antincendio.
Per completezza si può soggiungere che analoga segnalazione deve essere effettuata dai Prefetti (e in precedenza dal Corpo VV.F. al Prefetto) per il caso in cui, presentata da parte degli interessati la domanda d’obbligo, il Comando provinciale dei VV.F. ritenga peraltro di non poter rilasciare allo stato il certificato di prevenzione incendi ovvero i richiedenti non si adeguino alle eventuali prescrizioni dei VV.F. In tali ipotesi, come del resto in ogni altro caso in cui non potesse adoperarsi da parte del Prefetto il potere di sospensione della licenza (potere che, come più volte ripetuto, può essere esplicato solo ove manchi la domanda e in relazione alle attività per le quali sia previsto il rilascio di una licenza) occorre ad ogni buon conto ricordare che in capo al Sindaco e al Prefetto sussistono i poteri di cui agli artt. 55 del T.U. 3 marzo 1934, n. 383, e 2 del T.U. 18 giugno 1931, n. 773, concernenti la facoltà, in caso di grave necessità, di adottare provvedimenti contingibili e urgenti. Ciò a prescindere, inoltre, dalla circostanza che ove con l’esercizio dell’attività considerata possa configurarsi comunque un reato contro la pubblica incolumità (art. 422 c.p.) i VV.F., nella loro qualità di agenti di polizia giudiziaria, sono tenuti a riferirne con l’immediatezza del caso all’autorità giudiziaria.
3) Un’ultima questione che occorre porsi discende dall’applicazione dell’art. 4 della legge 26 luglio 1965, n. 966, concernente la «rinnovazione» del certificato di prevenzione antincendi.
La norma in parola si limita infatti a stabilire per gli interessati l’obbligo di presentare nuova istanza alla scadenza di validità del precedente certificato antincendi e tutte le volte che vi siano modifiche di lavorazioni o strutture o comunque delle condizioni di sicurezza senza peraltro specificare poi quale sia la procedura da seguire.
Ora ritiene la Sezione che non vi sia dubbio che il procedimento di rinnovo sia, in carenza di specifica normativa «ad hoc», quello stesso da seguire in sede di primo rilascio del certificato antincendi e ciò – contrariamente all’avviso espresso dal Ministero – non solo per quanto riguarda l’iter procedurale in senso stretto, ma anche per ciò che concerne le sanzioni applicabili e cioè, specificatamente, il potere di sospensione della licenza attribuito al Prefetto dall’ultimo comma dell’art. 2 e di cui si è più sopra discorso. Ciò in quanto, una volta che, come è logico, si ritiene di applicare al rinnovo di certificato la procedura del rilascio non sussiste poi nessun plausibile motivo per limitarla a certi aspetti e non ad altri; del resto scaduto un precedente certificato di prevenzione antincendi (per decorso naturale del tempo o perché rilasciato in riferimento a situazioni non più attuali) gli interessati devono ritenersi in tutto e per tutto privi di qualunque certificato e si trovano quindi nella stessa condizione di chi inizia una attività senza premunirsi del relativo certificato di prevenzione, onde cade ogni motivo inteso a differenziare la posizione.
Anche in tali ipotesi pertanto, ove gli obbligati omettano di presentare la prescritta istanza di rinnovo del certificato, potrà essere esercitato dal Prefetto il potere discrezionale di disporre la sospensione dell’attività.
Nella circostanza può ravvisarsi qualche particolarità solo in questo: che ove si tratti di continuazione di attività già in precedenza sottoposta a controllo e autorizzata, può plausibilmente di fatto presumersi nella stessa una minore pericolosità e ciò in considerazione della sua già intervenuta sottoposizione al riscontro di regolarità e al pregresso riconoscimento della sua idoneità allo scopo. Non è però chi non veda come questa diversità dipenda da mere argomentazioni pratiche e di buon senso non idonee a determinare però mutamenti nella situazione giuridica. Di esse potrà peraltro essere effettuato buon uso anche dal Prefetto in sede di adozione delle concrete determinazioni di competenza con la conseguenza che, ove non risulti diversamente e a parità di altre condizioni, l’effettivo rischio ai fini della prevenzione incendi delle attività da tempo esercitate potrà essere apprezzato in misura minore rispetto a quello di identiche nuove attività.
Per il resto andranno tenute debitamente presenti, per l’ipotesi di rinnovo del certificato, tutte le considerazioni già ampiamente esposte in precedenza relativamente all’art. 2 della legge n. 966/1965 e ciò sia per quanto riguarda i compiti dei VV.F. in ordine alla identificazione degli evasori (in merito potrà rivelarsi utile lo scadenzario di cui si è parlato) che per quanto riguarda gli adempimenti istruttori e i poteri in genere del Prefetto. Può aggiungersi per completezza che l’identificazione di coloro che modifichino le attività esercitate o le condizioni di sicurezza e che, perciò, rientrino anch’essi tra gli obbligati a chiedere nuovamente altro certificato di prevenzione antincendi (art. 4, 2° comma della legge), rientra – in difetto di specifici poteri «ad hoc» dei VV.F. – tra i compiti generali della polizia di sicurezza, dal che consegue l’applicazione di criteri analoghi a quelli già a suo tempo delineati;
P.Q.M.
nei sensi esposti è il parere.