Le procedure di prevenzione incendi
Il regolamento recante semplificazione della disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi emanato con il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale – Serie Generale – n. 221 del 22 settembre 2011, è entrato in vigore il 7 ottobre 2011, 15 giorni dopo la sua pubblicazione sulla gazzetta ufficiale.
Tale provvedimento, emanato a norma dell’art. 49, comma 4-quater del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni dalla legge 30 luglio 2010 n. 122, è volto a semplificare e ridurre gli adempimenti amministrativi sulle imprese al fine di promuovere competitività e sviluppo del sistema produttivo secondo i seguenti princìpi:
- Proporzionalità degli adempimenti amministrativi in relazione alla dimensione dell’impresa e al settore di attività.
- Eliminazione di autorizzazioni, licenze, permessi, ecc.
- Estensione dell’utilizzo di autocertificazioni, attestazioni, asseverazioni, certificazioni rilasciate da tecnici abilitati e professionisti antincendio.
- Informatizzazione di adempimenti e procedure amministrative, secondo il codice dell’amministrazione digitale.
Il nuovo regolamento tiene pertanto conto delle citate esigenze di semplificazione amministrativa, dell’introduzione della SCIA (Segnalazione Certificata di Inizio Attività) e della normativa sullo Sportello Unico per le attività produttive (S.U.A.P.), di cui al D.P.R. 7 settembre 2010, n. 160.
Inoltre, tiene conto dell’art. 16, comma 1 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139,[1] che prevede l’individuazione delle attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco, da emanarsi con D.P.R. a norma dell’art. 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
Introduzione della SCIA
L’art. 19 della legge 7 agosto 1990 n. 241 e s.m.i. come sostituito con art. 49, comma 4 bis del D.L. 31 maggio 2010 n. 78 convertito in legge 30 luglio 2010 n. 122 prevede che ogni atto di autorizzazione, licenza, concessione, permesso o nulla osta comunque denominato è sostituito da una segnalazione corredata da dichiarazioni/attestazioni/asseverazioni di tecnici abilitati e idonei elaborati. L’attività può essere iniziata dalla data di presentazione della SCIA.
L’amministrazione, in caso di accertata carenza di requisiti, entro 60 giorni adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e rimozione pericoli, salvo che, ove possibile, l’interessato conformi alla normativa entro un termine fissato non inferiore a 30 giorni.
Il nuovo elenco delle «Attività soggette» ai controlli di prevenzione incendi
Il D.P.R. n. 151/2011 ha previsto nell’allegato I un elenco di 80 attività, considerate a maggior rischio in caso d’incendio, soggette ai controlli di prevenzione incendi, denominate anche «Attività soggette a controllo dei Vigili del fuoco», o anche più semplicemente «Attività soggette», come saranno indicate nel prosieguo del testo.
Il D.P.R. n. 151/2011 ha abrogato:
- Il D.M. 16 febbraio 1982 che nella tabella allegata conteneva l’elenco dei depositi e industrie pericolose soggetti alle visite e ai controlli di prevenzione incendi;
- Il D.P.R. 26 maggio 1959, n. 689 che nelle tabelle A e B riportava le aziende e lavorazioni soggette al controllo dei vigili del fuoco.
Il principio di proporzionalità
Una delle principali innovazioni previste dal nuovo regolamento è quella relativa all’aggiornamento l’elenco delle «attività soggette» con l’introduzione di un «principio di proporzionalità», individuando tre categorie (A/B/C) in ragione di rischio, dimensione e complessità.
Con il vecchio regolamento non era prevista nessuna differenziazione negli adempimenti amministrativi per le «attività soggette» (97 attività del D.M. 16 febbraio 1982), a eccezione della validità temporale del Certificato di prevenzione incendi (tre o sei anni), che comunque aveva un impatto molto marginale. Le nuove procedure hanno previsto invece per ogni categoria procedimenti differenziati, in genere molto più semplici dei precedenti, in particolare per le attività di categorie A e B.
Esigenze di innovazione, semplificazione e chiarezza
L’aggiornamento dell’elenco delle «attività soggette» si è reso necessario per tener conto di varie esigenze di innovazione per cui con l’evoluzione tecnologica e l’esperienza, l’utilizzo di nuovi materiali e impianti sono state eliminate attività ritenute non eccessivamente rischiose e introdotte nuove attività in precedenza non presenti attraverso anche la rimodulazione dei limiti di assoggettabilità.
Inoltre, nella rimodulazione dell’elenco si è approfittato anche per fare chiarezza sulla definizione e sull’assoggettabilità di alcune tipologie di attività per le quali erano stati emanati, negli anni precedenti, numerosi quesiti e chiarimenti.
L’evoluzione nel tempo delle «attività soggette» ai controlli di prevenzione incendi
L’elenco delle attività soggette ha subito nel tempo vari aggiornamenti. Si parte infatti dal D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689 che aveva individuato 61 attività suddivise nelle tabelle A e B in attuazione rispettivamente dell’art. 36, lett. a) e dell’art. 36, lett. b) del D.P.R. n. 547/55.
In particolare, la tabella «A» comprendeva 54 attività: Aziende e lavorazioni nelle quali si producono, si impiegano, si sviluppano e si detengono prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, mentre la tabella «B» comprendeva 7 attività: Aziende e lavorazioni che per dimensioni, ubicazione ed altre ragioni presentano in caso di incendio gravi pericoli per la incolumità dei lavoratori.
Successivamente è stato emanato il D.M. 16 febbraio 1982, con l’elenco di 97 attività, che per molto tempo è stato il riferimento per la progettazione nel campo della prevenzione incendi.
Infine, il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 ha rimodulato tale elenco in 80 attività, abrogando i precedenti e fornendo elementi di maggiore chiarezza e coerenza.
Il provvedimento ha anche eliminato le oramai obsolete tabelle A e B del D.P.R. 26 maggio 1959 n. 689 le quali, in genere inapplicate in vari contesti locali, continuavano comunque a generare ambiguità e difformità sull’applicazione degli aspetti sanzionatori connessi con la normativa in materia di salute e sicurezza sui luoghi di lavoro.
Le attività a rischio di incidente rilevante e il regolamento di prevenzione incendi
Il 4 luglio 2012 è stata emanata la direttiva 2012/18/UE (c.d. «Seveso III») sul pericolo di incidenti rilevanti, recepita in Italia con il D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105 (G.U. 14 luglio 2015, n. 161 – S.O. n. 38), entrato in vigore il 29 luglio 2015 (15 giorni dopo la pubblicazione in gazzetta ufficiale.).
Il provvedimento ha sostituito le direttive 96/82/CE e 2003/105/CE, recepite in Italia rispettivamente con il D.Lgs. n. 334/1999 e il D.Lgs. 238/05 (c.d. «Seveso II»).
In base ai quantitativi limite di sostanze pericolose previste per l’assoggettabilità, sono definiti gli stabilimenti di «soglia inferiore» (SI) e di «soglia superiore» (SS).
Per quanto concerne gli adempimenti di prevenzione incendi, inizialmente erano state escluse dall’applicazione del D.P.R. n. 151/2011 le attività industriali a rischio d’incidente rilevante di cui all’art. 8 del D.Lgs. n. 334/1999 e s.m.i. (c.d. «Seveso II»).
Successivamente, con l’art. 8, comma 7 del D.L. 31 agosto 2013, n. 101, convertito con legge 30 ottobre 2013, n. 125, a decorrere dal 1° gennaio 2014 le disposizioni sono state estese anche a tali stabilimenti di «soglia superiore».
Pertanto, ad oggi, tutte le attività a rischio di incidente rilevante soggette alla «Seveso III», sia di «soglia inferiore» sia di «soglia superiore» rientrano nel campo di applicazione del D.P.R. n. 151/2011.
Relativamente agli adempimenti di prevenzione incendi per le attività soggette a controllo dei Vigili de fuoco ai sensi del D.P.R. n. 151/2011, il D.Lgs. 26 giugno 2015, n. 105 ha fissato con l’allegato L, ai sensi dell’art. 31 del decreto, le procedure semplificate per gli stabilimenti di soglia superiore, in sostituzione delle precedenti stabilite con il D.M. 19 marzo 2001.
Il procedimento di prevenzione incendi costituisce un endo-procedimento dell’istruttoria sul rapporto di sicurezza e nell’ottica della semplificazione la presentazione del Rapporto di sicurezza definitivo equivale alla SCIA di cui all’art. 4 del D.P.R. n. 151/2011.
Suddivisione delle attività soggette in tre categorie e differenziazione dei procedimenti di prevenzione incendi
In relazione a dimensioni, settore di attività, esistenza di regole tecniche, sicurezza pubblica, e con differenziazione degli adempimenti procedurali, il nuovo regolamento prevede la suddivisione delle attività soggette nelle seguenti categorie:
- Categoria A: non deve essere richiesto l’esame progetto. I sopralluoghi da parte dei Vigili del fuoco sono effettuati a campione e in caso di effettuazione il cittadino può richiedere il rilascio del verbale di visita tecnica.
- attività dotate di «regola tecnica» e con un limitato livello di complessità.
- Categoria B: deve essere richiesto l’esame progetto. I sopralluoghi da parte dei Vigili del fuoco sono effettuati a campione e in caso di effettuazione il cittadino può richiedere il rilascio del verbale di visita tecnica.
- Attività presenti in A (dotate di «regola tecnica»), con un maggiore livello di complessità;
- Attività sprovviste di regola tecnica, ma con livello di complessità inferiore rispetto alla categoria C.
- Categoria C: deve essere richiesto l’esame progetto. I sopralluoghi da parte dei Vigili del fuoco sono effettuati obbligatoriamente con rilascio del c.d. «CPI».
- attività con alto livello di complessità, indipendentemente dalla presenza di una «regola tecnica».
Disposizioni di prevenzione incendi per l’asseverazione per attività di categoria A
In relazione al criterio sopra esposto, possono essere presenti alcuni casi di attività in categoria A non dotate di «regola tecnica», come ad esempio nel seguente elenco non esaustivo:
- 12/A: (Depositi e/o rivendite di liquidi con punto di infiammabilità superiore a 65 °C per capacità geometrica complessiva tra 1 m3 e 9 m3), non soggetti al D.M. 31 luglio 1934 come, ad esempio, gli oli di derivazione vegetale o animale;
- 41/A: (Teatri e studi per le riprese cinematografiche e televisive fino a 25 persone presenti), non soggetti al D.M. 19 agosto 1996, come ad esempio teatri e studi per le riprese cinematografiche e televisive senza presenza di pubblico;
- 49/A: (Gruppi per la produzione di energia elettrica sussidiaria con motori endotermici ed impianti di cogenerazione di potenza complessiva superiore a 25 kW, fino a 350 kW) non soggetti al D.M. 13 luglio 2011 come, ad esempio, i gruppi elettrogeni inseriti in processi di produzione industriale, installazioni antincendio, stazioni elettriche, centrali idroelettriche, dighe e ripetitori radio e installazioni impiegate al movimento di qualsiasi struttura;
- 66/A: (Alberghi, pensioni, motel, … studentati, … case per ferie, con oltre 25 posti-letto, fino a 50 posti-letto), non soggetti al D.M. 9 aprile 1994, come ad esempio gli «studentati» o le «case per ferie» in quanto non inserite nell’elenco di cui al punto 1 della regola tecnica;
- 68/A: (Case di riposo per anziani con oltre 25 posti letto, fino a 50 posti letto), non soggetti al D.M. 18 settembre 2002;
- 69/A: (Locali adibiti ad esposizione … con superficie lorda tra 400 m2 e 600 m2), non soggetti al D.M. 27 luglio 2010 (es. musei, gallerie, ecc.);
- 74/A: (Impianti per la produzione di calore con potenzialità tra 116 kW e 350 kW), non soggetti al D.M. 8 novembre 2019, come ad esempio impianti a combustibile solido, impianti inseriti in cicli di lavorazione industriale, ecc.
Poiché risulta necessario per il tecnico abilitato poter disporre di riferimenti certi per redigere l’asseverazione attestante la conformità ai requisiti di prevenzione incendi contenuti nei riferimenti normativi, per le attività di categoria A, per le quali a differenza delle attività di categoria B o C non è prevista l’acquisizione del parere di conformità sul progetto, con lettera circolare prot. n. 14724 del 26 novembre 2012 sono state fornite dettagliate disposizioni per l’asseverazione. Il provvedimento elenca, per tali attività, le norme cui fare riferimento per l’asseverazione, individuate tra decreti e circolari in vigore.
Decreti collegati con il D.P.R. n. 151/2011
Nella seguente tabella sono riassunti i vari provvedimenti collegati con il nuovo regolamento di prevenzione incendi, confrontati con i vecchi provvedimenti che sono stati sostituiti.
Nuovo regolamento | Vecchio regolamento | Argomento |
D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 | D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37 | Regolamento sulla disciplina dei procedimenti relativi alla prevenzione incendi |
D.M. 16 febbraio 1982 | Elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi | |
D.M. 7 agosto 2012 | D.M. 4 maggio 1998 | Disposizioni relative alle modalità di presentazione delle istanze per dei procedimenti di prevenzione incendi e alla documentazione da allegare |
D.M. 2 marzo 2012 | D.M. 3 febbraio 2006 | Tariffe dovute per i servizi a pagamento resi dai Vigili del fuoco |
Fase transitoria – tariffe di prevenzione incendi
Ad oggi il decreto previsto all’articolo 2, comma 8 del DPR n° 151/2011 e relativo al provvedimento di cui all’articolo 23 comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che prevede che con decreto del Ministero dell’interno, di concerto con il Ministero dell’economia e delle finanze, devono essere individuate le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabiliti i corrispettivi per i servizi di prevenzione incendi effettuati dal Corpo nazionale, non è stato ancora emanato.
Per le nuove attività introdotte all’Allegato I del DPR n° 151/2011, si applicano le tariffe già previste per le attività di analoga complessità, come individuate nella «tabella di equiparazione relativa alla durata del servizio delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi» di cui all’Allegato II del decreto. Pertanto, per la determinazione dei corrispettivi si deve continuare a utilizzare la «Tabella transitoria delle tariffe».
Le tariffe sono state aggiornate con D.M. 2 marzo 2012, che ha sostituito il D.M. 3 febbraio 2006. Rimane confermato il criterio che prevede che se l’attività comprende più punti, deve essere calcolata la somma delle tariffe delle singole attività.
Possibilità di revisione dell’elenco delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi
Il nuovo regolamento ha previsto che l’elenco delle attività soggette a controllo possa essere soggetto a revisione in relazione al mutamento delle esigenze di salvaguardia delle condizioni di sicurezza antincendio.
La revisione dell’elenco delle attività soggette è effettuata con decreto del Presidente della Repubblica, da emanare su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi.
Modulistica di prevenzione incendi
L’art. 11, comma 1 del D.M. 7 agosto 2012 ha previsto (con decreto del Direttore centrale della prevenzione e sicurezza tecnica sentito il Comitato Centrale Tecnico Scientifico per la prevenzione incendi) la predisposizione di apposita modulistica unificata da utilizzare per istanze, segnalazioni e dichiarazioni relative alla prevenzione incendi. Ad oggi la modulistica è quella trasmessa con:
- Nota DCPREV prot. n. 13552 del 31 ottobre 2012 (Decreto DCPST n. 200 del 31 ottobre 2012);
- Nota DCPREV prot. n. 4849 del 11 aprile 2014 (Decreto DCPST n. 252 del 10 aprile 2014), che ha aggiornato alcuni modelli.
- Nota DCPREV prot. n. 6542 del 16 maggio 2018 (Decreto DCPST n. 72 del 16 maggio 2018), che ha ulteriormente aggiornato i vari modelli.
Istanze, segnalazioni, dichiarazioni e certificazioni di prevenzione incendi
La modulistica di prevenzione incendi può essere suddivisa in:
- Istanze e segnalazioni, presentate dall’utenza:[2] PIN 1-2018-Valutazione progetto – PIN 2-2018-SCIA – PIN 3-2018-Rinnovo – PIN 4-2018-Deroga – PIN 5-2018-N.O.F. – PIN 6-2018-Verifica in corso d’opera – PIN 7-2018-Voltura.
- Dichiarazioni e certificazioni, rese da parte di professionisti e tecnici:[3] PIN 2.1-2018-Asseverazione – PIN 2.2-2018-Cert.REI – PIN 2.3-2018-Dich.Prod. – PIN 2.4-2018-Dich.Imp. – PIN 2.5-2018-Cert.Imp. – PIN 2.6-2018-Non aggravio rischio – PIN 3.1-2014-Asseverazione Rinnovo.
Imposta di bollo
Il regime dell’imposta di bollo per i procedimenti di prevenzione incendi è stato chiarito con nota DCPREV prot. n. 5307 del 19 aprile 2013.
In particolare, tutte le richieste devono essere presentate in bollo (ove previsto). Sono esenti le Amministrazioni dello Stato, Regioni, Province, Comuni e altre Organizzazioni come previsto da specifiche disposizioni vigenti.
Il bollo è previsto solo per le istanze volte a ottenere l’emanazione di un provvedimento amministrativo (es. autorizzazione, rilascio certificati, ecc.).
Alla luce di quanto sopra non è pertanto richiesto il bollo sulle «Attestazioni di rinnovo» e sulla «SCIA», le quali sono considerate semplici comunicazioni non contenenti istanze, che non prevedono autorizzazioni o rilascio di provvedimenti.
Inoltre, non è richiesto il bollo sul Verbale di visita tecnica (neanche sulla richiesta), e sul Certificato di Prevenzione Incendi, che è un atto rilasciato obbligatoriamente e non su istanza.
Versamenti
I versamenti per i servizi a pagamento presso i Comandi possono essere effettuati in genere mediante C/C postale intestato alle locali Sezioni di Tesoreria Provinciale dello Stato o tramite bonifico bancario alle coordinate IBAN fornite dal Comando.
Non sono previste, come in precedenza, esenzioni a favore delle Amministrazioni dello Stato, considerato che l’art. 35, lett. r) del D.Lgs. n. 139/2006 ha abrogato l’art. 1 della legge n. 966/65 (servizi a pagamento del C.N.VV.F.), che prevedeva, tra l’altro «… Sono esenti dal pagamento le prestazioni richieste dalle Amministrazioni dello Stato».
Ad oggi il D.M. di cui all’art. 23, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, che doveva individuare le attività di prevenzione incendi rese a titolo gratuito e stabilire i corrispettivi per i servizi, non è stato ancora emanato.
Tecnico abilitato e professionista antincendio
Come previsto dal D.M. 7 agosto 2012, al fine di una maggiore semplicità e controllo, sulla modulistica è indicata esplicitamente la qualifica professionale per la firma del «tecnico abilitato» o del «professionista antincendio» come definiti all’art. 1, comma 1 lett. b, c del D.M. 7 agosto 2012.
- «Tecnico abilitato»: professionista iscritto in albo professionale, che opera nell’ambito delle proprie competenze;
- «Professionista antincendio»: professionista iscritto in albo professionale, che opera nell’ambito delle proprie competenze e iscritto negli appositi elenchi del Ministero dell’interno di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 139/2006.
Maggiori responsabilità di titolari e professionisti
Una fondamentale differenza che contraddistingue l’approccio del nuovo regolamento di prevenzione incendi rispetto ai precedenti è rappresentata dalla maggiore responsabilità in capo ai cittadini, in particolare ai professionisti.
Il professionista («asseveratore» o «certificatore») e i titolari dell’attività si assumono rispettivamente le responsabilità di attestare la conformità alle norme e di osservare gli obblighi connessi con l’esercizio dell’attività in fase di «SCIA» e «Rinnovo».
I principi introdotti dal nuovo regolamento, basati sui concetti di «semplificazione», «meno ingerenza dello Stato», «facilità per i cittadini» implicano ovviamente maggiori responsabilità a carico dei titolari e dei professionisti.
Alla luce della semplificazione del D.P.R. n. 151/2011, il cittadino utilizzando l’apposita modulistica, potrà, ad esempio:
- Avviare l’attività contestualmente alla presentazione della SCIA, tramite asseverazione a firma del professionista;
- Presentare SCIA (senza nuovo «esame progetto»), anche in caso di modifiche, con la «Dichiarazione di non aggravio di rischio» a firma del professionista;
- Presentare «Attestazione di rinnovo periodico» con una dichiarazione ed eventuale «asseverazione» di professionista antincendio;
- Presentare semplice documentazione all’atto del «rinnovo», senza nuova SCIA in caso di «modifiche non sostanziali».
Procedure di prevenzione incendi
Le funzioni e i compiti dei Vigili del fuoco in merito alle procedure di prevenzione incendi, alle relative disposizioni attuative e agli obblighi a carico dei responsabili delle attività sono stabilite dall’art. 16 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 come modificato dal D.Lgs. n. 97/2017 e dal D.Lgs. n. 97/2017 n. 127/2018.
Attività soggette ai controlli di prevenzione incendi
Tali procedure riguardano le cd. «attività soggette», cioè quelle ritenute più pericolose in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza.
Attualmente sono individuate con il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, che dovrebbe essere uno dei decreti citati all’art. 16, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006 e s.m.i.
Le varie procedure di prevenzione incendi
I responsabili delle attività soggette sono tenuti ad avviare tali procedure presso i comandi competenti per territorio, i quali provvedono a quanto di seguito indicato:
- esame dei progetti;
- acquisizione delle segnalazioni certificate di inizio attività;
- effettuazione di controlli attraverso visite tecniche;
- istruttoria dei progetti in deroga;
- acquisizione della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio;
- ulteriori verifiche ed esami previsti dal D.P.R. n. 151/2011.
Attività di tipo complesso
Per attività di tipo complesso il comando, a propria discrezione, può acquisire le valutazioni del Comitato tecnico regionale (CTR) per la prevenzione incendi, ed avvalersi, per le visite tecniche, di esperti in materia designati dal Comitato.
Certificazioni e dichiarazioni
Nell’ambito di tali procedure i responsabili delle attività presentano al comando certificazioni e dichiarazioni attestanti la conformità alla normativa di prevenzione incendi, rilasciate da enti, laboratori o professionisti antincendio.
Mancanza dei requisiti
In caso di mancanza dei requisiti previsti dalle norme di prevenzione incendi rilevate nell’esito del procedimento, il comando adotta le misure urgenti anche ripristinatorie delle condizioni di sicurezza dando comunicazione ai soggetti interessati, al sindaco, al prefetto e eventuali altre autorità ai fini dell’adozione dei provvedimenti di rispettiva competenza.
Atti «definitivi»
Le determinazioni assunte dal comando sono atti definitivi. Su questi non è possibile opporsi con il ricorso amministrativo ordinario («in opposizione» o «gerarchico»), mentre è possibile il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica oppure il ricorso giurisdizionale al TAR.
Modifiche
In caso di modifiche di lavorazione, strutture, nuova destinazione dei locali, variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose o in genere delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate i responsabili delle attività devono attivare nuovamente le procedure previste.
La gestione di tali modifiche è stata poi regolamentata dal D.P.R. n. 151/2011 e dal D.M. 7 agosto 2012 prevedendo adempimenti differenziati in caso di modifiche:
- «non sostanziali» (è sufficiente dichiararle in fase di attestazione di rinnovo periodico);
- «con variazione» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (occorre presentare nuova SCIA);
- «con aggravio» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (occorre presentare nuovo esame progetto).
«Istanze» e «segnalazioni» del D.P.R. n. 151/2011
Di seguito sono descritte le principali caratteristiche sulle procedure previste dal D.P.R. n. 151/2011. Si tenga presente che, pur se il regolamento dovrebbe essere applicato in modo uniforme su tutto il territorio nazionale, potranno essere rinvenute prassi differenti fra le diverse province che individuano i territori di competenza dei Comandi dei Vigili del fuoco.
Quanto di seguito descritto è riferito alla realtà di un Comando provinciale di media grandezza in base alle interpretazioni ritenute più aderenti alla ratio del regolamento secondo il parere dell’autore.
Procedura | Categorie | D.P.R. n. 151/2011 | D.M. 7 agosto 2012 |
Richiesta valutazione del progetto | B/C | art. 3 | art. 3 |
SCIA | A/B/C | art. 4 | art. 4 |
Attestazione di rinnovo | A/B/C | art. 5 | art. 5 |
Richiesta di deroga | A/B/C | art. 7 | art. 6 |
Richiesta nulla osta di fattibilità | B/C | art. 8 | art. 7 |
Richiesta verifica in corso d’opera | A/B/C | art. 9 | art. 8 |
Valutazione del progetto
I responsabili delle «attività soggette» di categorie B e C devono presentare al Comando la domanda di valutazione del progetto di nuove attività nonché di modifiche di quelle esistenti che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio. Ai fini della domanda deve essere utilizzato il mod. PIN1-2018, in bollo ove previsto, allegando la seguente documentazione:
- documentazione conforme all’allegato I al D.M. 7 agosto 2012 a firma di tecnico abilitato comprendente la scheda informativa generale, la relazione tecnica e gli elaborati grafici;
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Valutazione del progetto con approccio ingegneristico
In tal caso la documentazione tecnica di cui all’art. 3, comma 2, lett. a) del D.M. 7 agosto 2012, deve essere a firma di professionista antincendio e conforme all’allegato I, lett. a).
Inoltre, deve essere integrata con quanto stabilito nell’allegato al D.M. 9 maggio 2007, compreso il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Il versamento è raddoppiato rispetto a quanto stabilito dal D.M. 7 agosto 2012 tenuto conto della complessità e del maggiore impegno richiesto per la valutazione.
Oltre a quanto previsto dall’art. 3 del D.M. 7 agosto 2012, la documentazione tecnica è integrata con:
- Sommario tecnico, firmato congiuntamente da progettista e titolare dell’attività, ove è sintetizzato il processo seguito per individuare scenari d’incendio e livelli di prestazione.
- Risultati dell’analisi quantitativa in modo che questi riassumano il comportamento del sistema per quel tipo di analisi.
- Documento contenente il programma per l’attuazione del SGSA.
Documentazione tecnica da allegare
La documentazione tecnica è costituita da relazione tecnica e elaborati grafici e deve consentire di accertare la rispondenza alle norme o, in mancanza, ai criteri generali di prevenzione incendi.
Tale documentazione è relativa a:
- Attività non regolate da specifiche disposizioni antincendio.
- Attività regolate da specifiche disposizioni antincendi.
- Modifiche di attività esistenti.
Copie da allegare
In caso di presentazione in forma cartacea, solo la domanda deve essere in duplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in singola copia, che rimarrà agli atti del Comando.
Progetto con più attività in categorie diverse
In caso di presenza contemporanea di attività di categoria A, B e C, il progetto da sottoporre a valutazione deve riferirsi alle sole attività di categoria B e C. La presenza di attività di categoria A deve essere indicata negli elaborati e nella relazione tecnica unicamente per la valutazione di eventuali interferenze. Pertanto, non deve essere effettuato il versamento per attività di categoria A.
Avvio del procedimento
Il Comando deve comunicare al richiedente l’avvio del procedimento ai sensi dell’art. 7 della legge 7 agosto 1990 n. 241 con apposita nota specificando, in conformità all’art. 8 della legge:
- L’oggetto del procedimento (valutazione del progetto) e la data di conclusione (60 giorni).
- Il responsabile del procedimento e dell’adozione del provvedimento finale (di norma il Comandante provinciale).
- Il nominativo del responsabile dell’istruttoria tecnica (un funzionario tecnico).
- L’ufficio presso cui si può prendere visione degli atti (di norma l’Ufficio prevenzione incendi).
- Il Numero Pratica e PIN per la consultazione dello stato del procedimento sul web.
Individuazione dei «responsabili»
Ai sensi della legge n. 241/1990 è necessario individuare il responsabile del procedimento, il responsabile dell’istruttoria tecnica e il responsabile dell’adozione del provvedimento finale. Si fa presente che tali figure potranno coincidere con uno o più soggetti diversi, secondo la complessità e l’organizzazione del Comando.
Responsabile del procedimento e responsabile dell’adozione del provvedimento finale
Il responsabile del procedimento ai sensi della legge n. 241/1990 è di norma individuato, se non diversamente specificato, nel Comandante Provinciale. Questa è la figura dotata dell’autorità necessaria per la gestione e il governo di ogni fase procedimentale. Il Comandante è altresì il responsabile per l’adozione del provvedimento finale ai sensi dell’art. 6, lett. e) della legge n. 241/90.
Responsabile dell’istruttoria tecnica
In base agli impegni che caratterizzano le precipue responsabilità dirigenziali, il Comandante non dovrebbe avere un diretto e personale coinvolgimento nell’espletamento della fase istruttoria tecnica delle pratiche. Infatti, a queste ultime sovrintendono le altre figure professionali del Comando.
L’incarico di responsabile dell’istruttoria tecnica dovrebbe essere conferito dal Comandante, all’atto della ricezione della richiesta, in modo casuale, tra il personale idoneo e secondo criteri di rotazione. A garanzia di trasparenza e imparzialità, non dovrebbero essere previsti automatismi (es. su base territoriale, incarichi precedenti, ecc.) nell’assegnazione degli incarichi.
Documentazione incompleta
In caso di documentazione ritenuta non esauriente, il Comando può richiedere le integrazioni entro 30 giorni come previsto dall’art. 3, comma 3 del D.P.R. n. 151/2011. In tal caso il termine per la conclusione del procedimento (60 giorni) decorre dalla data di presentazione della documentazione completa.
Per evitare che i procedimenti restino fermi per un tempo imprecisato, nella nota inviata dal Comando potrà essere precisato che la documentazione richiesta dovrà pervenire entro un certo termine dalla data di invio della comunicazione. In tal caso sarà comunicato che, decorso il termine in assenza di riscontro, il progetto sarà esaminato sulla base di quanto presente agli atti.
Termini di conclusione
Il Comando rilascia il parere entro 60 giorni dalla data di presentazione della documentazione completa. Con il vecchio regolamento il termine era fissato in 45 giorni prorogabili, in caso di situazioni complesse, fino a 90 previa comunicazione all’interessato.
Abolizione del «silenzio-rifiuto»
Il nuovo regolamento non qualifica il silenzio dell’amministrazione come rigetto dell’istanza. Infatti, all’articolo 3 comma 3 del D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151 non più specificato il cd. “silenzio-rigetto”, a differenza di quanto previsto nel vecchio regolamento, che all’articolo 2 comma 2 prevedeva «… ove il comando non si esprima nei termini prescritti, il progetto si intende respinto.» [4]
Previsione di parere contrario
Qualora il Comando preveda di rilasciare un «parere contrario» deve inviare preventivamente una comunicazione informando ai sensi dell’art. 10 bis della legge 7 agosto 1990 n. 241, che sussistono motivi ostativi, elencandoli, all’accoglimento della domanda.
Il richiedente è invitato a presentare osservazioni scritte, eventualmente corredate di documenti, nel termine di dieci giorni dal ricevimento, le quali saranno valutate ai fini dell’espressione del parere definitivo. Il procedimento viene sospeso e i termini di conclusione iniziano nuovamente a decorrere dalla data di presentazione delle osservazioni o, in mancanza, dalla scadenza dei citati 10 giorni.
Segnalazione certificata di inizio attività
La SCIA deve essere presentata a lavori ultimati, prima dell’esercizio dell’attività, per attività nuove nonché esistenti in caso di modifiche «sostanziali» che non comportano aggravio di rischio. Il Comando verificata positivamente la completezza formale, rilascia, contestualmente, la ricevuta di avvenuta presentazione, che costituisce titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai fini antincendio.
Nessuna comunicazione di avvio del procedimento
Relativamente alla SCIA, trattandosi di comunicazione non contenente istanze, non è comunicato l’avvio del procedimento. Il richiedente è in possesso di ricevuta di avvenuta presentazione quale titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai fini antincendio.
Istanza
La SCIA deve essere redatta secondo il mod. PIN2-2018, e va presentata al Comando prima dell’esercizio dell’attività, allegando la seguente documentazione:
- asseverazione attestante la conformità dell’attività alle prescrizioni vigenti in materia di sicurezza antincendio nonché, per le attività di categoria B e C, al progetto approvato dal Comando, mod. PIN2.1-2018 a firma di tecnico abilitato;
- documentazione conforme all’allegato II al D.M. 7 agosto 2012 per le attività di categoria B/C;
- documentazione conforme all’allegato I b) al D.M. 7 agosto 2012 per le attività di categoria A;
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Allegati
Alla SCIA deve essere allegata l’asseverazione ai fini della sicurezza antincendio di cui all’art. 4 del D.M. 7 agosto 2012, comprensiva degli altri allegati, ove previsti.
- Asseverazione redatta secondo il mod. PIN_2.1-2018-Asseverazione a firma di professionista antincendio.
- Certificazione di resistenza al fuoco con esclusione delle porte e degli elementi di chiusura redatta secondo il mod. PIN 2.2-2018-Cert.REI a firma di professionista antincendio.
- Dichiarazione sui prodotti impiegati ai fini della reazione e della resistenza al fuoco e i dispositivi di apertura delle porte redatta secondo il mod. PIN_2.3-2018-Dich.Prod a firma di tecnico abilitato.
- Dichiarazione corretta installazione e funzionamento non ricadente nel campo di applicazione del D.M. 22 gennaio 2008, n. 37 redatta secondo il mod. PIN 2.4-2018-Dich.Imp a firma dell’installatore.
- Certificazione di rispondenza e di corretto funzionamento dell’impianto redatta secondo il mod. PIN_2.5-2018-Cert.Imp a firma di professionista antincendio.
- Dichiarazione di non aggravio di rischio redatta secondo il mod. PIN 2.6-2018-Non aggravio (art. 4, comma 7 del D.M. 7 agosto 2012) a firma di tecnico abilitato.
SCIA con approccio ingegneristico
Nel caso di utilizzo dell’approccio ingegneristico alla sicurezza antincendio, la SCIA deve comprendere anche una dichiarazione del responsabile dell’attività sull’attuazione del programma relativo al sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Modifiche dell’attività con «non aggravio di rischio» – presentazione di nuova SCIA
In caso di modifiche che non comportano aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio (modifiche tali da richiedere la presentazione di nuovo esame progetto ai sensi dell’art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 151/2011), si può presentare direttamente una nuova SCIA, senza necessità di un nuovo «esame progetto» ai sensi dell’art. 4, comma 6 del D.P.R. n. 151/2011, e ricomprese nell’Allegato IV del D.M. 7 agosto 2012:
- Modifiche di lavorazione o di strutture;
- Nuova destinazione dei locali;
- Variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose;
- Modifiche in genere delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
Adempimenti di prevenzione incendi del Comando
Il Comando verifica la completezza formale dell’istanza, documentazione e allegati e rilascia ricevuta in caso di esito positivo. La ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA al Comando provinciale, direttamente o attraverso il SUAP, costituisce titolo abilitativo all’esercizio dell’attività ai soli fini antincendio.
I Comandi provinciali dovrebbero rilasciare la ricevuta, verificata la completezza formale, contestualmente alla presentazione della SCIA.
Presentazione tramite posta elettronica certificata
L’invio tramite PEC di SCIA e/o di Attestazione di rinnovo periodico agli indirizzi di posta certificata del Comando genera, come noto, una ricevuta di avvenuta consegna, che ha lo stesso valore legale dell’avviso di ricevimento della raccomandata postale. Qualora la documentazione trasmessa non risultasse conforme a quella prevista, le relative istanze devono ritenersi invalide e ciò viene comunicato immediatamente dal Comando a seguito di verifica della completezza formale effettuata ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. n. 151/2011.
Effettuazione delle visite tecniche (sopralluoghi)
Il sopralluogo o visita tecnica (obbligatorio per attività di categoria C, a campione per quelle di categoria A e B) da parte del Comando al fine di accertare il rispetto delle prescrizioni previste e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio deve essere effettuato entro 60 giorni. Ciò vale qualora non si tratti di sopralluoghi da effettuare nell’ambito di organi collegiali come, ad esempio, Commissioni di vigilanza sui locali di pubblico spettacolo.
Attività di categoria C
Per attività di categoria C, entro 15 giorni dall’effettuazione del sopralluogo in caso di esito positivo il Comando invia il «Certificato di prevenzione incendi». Questo però non è più un provvedimento finale di un procedimento amministrativo ma costituisce solo il risultato del controllo effettuato e non ha validità temporale. Assume infatti la valenza di «attestato del rispetto delle prescrizioni previste dalla normativa di prevenzione incendi e della sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio».
Il Comando può inviare tale attestato solamente all’interessato, senza necessità di comunicazione a altri enti (in precedenza era prassi inviare la comunicazione per conoscenza anche al Comune).
Attività di categoria A e B
Il Comando, entro 60 giorni, effettua controlli a campione su attività in categoria A/B, ai sensi dell’art. 4, comma 2 del D.P.R. 151/2011, secondo direttive ministeriali che stabiliscono anche il numero minimo di controlli da effettuare (8% negli ultimi anni).
Secondo tali indicazioni, i controlli disposti ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006 e s.m.i. nell’ambito dell’attività di vigilanza ispettiva e riguardanti le attività in categoria A e B possono essere ritenuti validi anche ai fini delle verifiche a campione nel caso in cui gli stessi siano effettuati entro 60 giorni dalla presentazione della S.C.I.A.
Verbale di visita tecnica
L’incaricato, effettuato il sopralluogo, redige il verbale di visita tecnica.
Il Comando, per uniformità, potrà prevedere di redigere tale verbale, oltre che per attività in categoria A e B, anche per quelle in categoria C.
In caso di esito positivo sul verbale è riportato che «sono rispettate le prescrizioni previste dalla vigente normativa di prevenzione incendi e la sussistenza dei requisiti di sicurezza antincendio relativi al progetto approvato o (per categoria A) alla documentazione tecnica presentata».
Di norma, solo a richiesta dell’interessato, in caso di esito positivo, è rilasciata copia del verbale di visita tecnica per attività di categoria A/B, che comunque viene sempre redatto. Tale richiesta può essere formulata contestualmente anche in sede di sopralluogo e a tal fine sul modello è possibile barrare l’apposita opzione con cui l’interessato formula richiesta di copia del verbale di visita tecnica.
Per categoria A e B, fermo restando il rispetto del minimo stabilito da disposizioni ministeriali, le attività dovrebbero essere sottoposte a visita tecnica da parte del Comando, secondo le indicazioni ministeriali, compatibilmente con la possibilità di espletamento entro 60 giorni.
Carenza dei requisiti a seguito di sopralluogo
Per tutte le «attività soggette» (categoria A/B/C), in caso di accertata carenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio, il Comando può agire secondo due modalità:
- Adotta motivati provvedimenti di divieto di prosecuzione dell’attività e di rimozione degli eventuali effetti dannosi;
- Ove possibile fissa un termine fino a 45 giorni per conformare l’attività alla normativa antincendio.
In quest’ultimo caso, che rappresenta di norma la prassi più utilizzata, il Comando comunica che è stata riscontrata la mancanza di requisiti di sicurezza antincendio per i quali sono impartite prescrizioni, invitando il responsabile dell’attività all’adempimento entro un termine fino a 45 giorni.
Per consentire la prosecuzione dell’attività nelle more dell’adeguamento, di norma potrà essere prescritto di adottare eventuali specifiche misure (es. immediata rimozione di eventuali pericoli, restrizioni operative, eventuali ulteriori obblighi gestionali, ecc.).
Decorso il termine è effettuata una nuova visita tecnica comunicando, in caso di mancato rispetto delle prescrizioni impartite, che è stata accertata la carenza dei requisiti e dei presupposti per l’esercizio dell’attività che vengono elencati. In tal caso, ai sensi dell’art. 4 del D.P.R. n. 151/2011 il responsabile è diffidato a non dare prosecuzione all’attività.
Per i luoghi di lavoro si potrà citare quanto comunicato nell’ambito della procedura sanzionatoria prevista dal D.Lgs. n. 758/1994 che avrà il suo specifico iter. La nota, ai sensi degli artt. 16 comma 5 e 19 comma 3 del D.Lgs. n. 139/2006 e s.m.i. è inviata alla Prefettura e al Comune ai fini dell’adozione dei rispettivi provvedimenti di competenza.
Inadempimento di prescrizioni e sospensione dell’attività
L’art. 19, comma 3 del D.Lgs. 139/2006 e s.m.i., prevede, in caso di inadempienze, che i Comandi adottino le misure urgenti, anche ripristinatorie, per la messa in sicurezza e comunichino al Sindaco e al Prefetto, per i provvedimenti di competenza, l’esito degli accertamenti effettuati.
L’art. 20, comma 3 del D.Lgs. 139/2006 e s.m.i., prevede che il Prefetto possa disporre la sospensione dell’attività nelle ipotesi di omessa presentazione della segnalazione certificata di inizio attività o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio.
È da precisare comunque che il potere di sospensione del Prefetto non è vincolato ma ampiamente discrezionale, al fine di consentire, di volta in volta, l’adeguata valutazione di tutti gli interessi pubblici coinvolti.
Ipotesi di reato per omessa presentazione di SCIA o di attestazione di rinnovo
L’articolo 20, comma 1 del D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, come modificato dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97, ha stabilito che «Chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, ometta di presentare la segnalazione certificata di inizio attività o la richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio è punito con l’arresto sino ad un anno o con l’ammenda da 258 a 2.582 euro, quando si tratta di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni, da individuare con il decreto del Presidente della Repubblica previsto dall’articolo 16, comma 2».
L’articolo 16, comma 2, del D.Lgs. n. 139/2006 come modificato dall’articolo 3, comma 4 del D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97, recita: «Con uno o più decreti del Presidente della Repubblica, da emanare a norma dell’articolo 17, comma 1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, su proposta del Ministro dell’interno, sentito il Comitato centrale tecnico-scientifico per la prevenzione incendi, sono individuati i locali, le attività, i depositi, gli impianti e le industrie pericolose, in relazione alla detenzione ed all’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti che comportano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni ed in relazione alle esigenze tecniche di sicurezza, nonché le disposizioni attuative relative alle procedure di prevenzione incendi e agli obblighi a carico dei soggetti responsabili delle attività».
Il D.P.R. emanato a norma dell’articolo 16 del D.Lgs. n. 139 del 2006 è il D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151, che richiama espressamente il D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139, e tra gli altri l’articolo 20, la disposizione che prevede le sanzioni penali.
In tal modo dovrebbero essere state superate alcune controversie che avevano generato interpretazioni diverse a livello locale tra i vari Comandi dei Vigili del Fuoco e Procure della Repubblica, con l’emanazione di pareri o sentenze contrastanti fra loro.
Tuttavia, vi erano state ancora alcune interpretazioni contraddittorie tenuto conto che l’omessa presentazione della SCIA o del rinnovo è punita «quando si tratta di attività che comportano detenzione e impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti […]». Il D.P.R. n. 151/2011, ha individuato, con l’Allegato I, l’elenco delle attività soggette alle visite e ai controlli di prevenzione incendi, pur non specificando che si tratta di quelle attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni.
A tal proposito, si riporta la sentenza riferita ad un amministratore di condominio che ometteva di richiedere la Segnalazione certificata di inizio attività per un edificio di civile abitazione (attività n. 77 dell’Allegato I al D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151) il quale è stato assolto dal reato di cui all’articolo 20 del D.Lgs. n. 139/2006 perché il fatto non sussiste, con la seguente motivazione: «Tuttavia evidenzia il Tribunale che la norma prevede espressamente particolari categorie di soggetti a cui carico si impone l’onere di richiedere o rinnovare il certificato di prevenzione incendi ed in particolare coloro che esercitino attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti ragion per cui il prevenuto va scagionato dal reato ascrittogli per insussistenza del fatto».
In ogni caso, con Sentenza n. 34586 del 17 settembre 2021 della Cassazione penale, Sez. 3, che di seguito si riassume, è stato rigettato il ricorso di un amministratore di un condominio che aveva omesso di presentare la SCIA per un edificio destinato a civile abitazione di altezza superiore a 24 m. Il ricorso per cassazione avverso la sentenza del Tribunale sosteneva che la fattispecie incriminatrice richiedeva come presupposto della condotta lo svolgimento di un’attività che, oltre ad essere individuata con D.P.R. ed essere assoggettata a controlli di prevenzione incendi, doveva comportare la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni.
Il ricorso è stato ritenuto infondato nel reato in quanto, sulla base dei dati normativi, risulta corretto ritenere che è configurabile il reato previsto dall’articolo 20, comma 1, del D.Lgs. n. 139/2006, concernente l’omessa presentazione della SCIA o della richiesta di rinnovo periodico della conformità antincendio, in relazione all’attività dell’amministratore di condominio di un edificio di altezza superiore a 24 m.
Invero, la norma incriminatrice si riferisce ai «titolari di una delle attività» che:
- devono essere soggette ai controlli di prevenzione incendi;
- devono comportare la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità personale e dei beni;
- devono essere individuate con apposito D.P.R., da emanare secondo quanto previsto dall’articolo 16, comma 2, D.Lgs. n. 139 del 2006.
La sottoposizione dell’attività dei condomini relativi a edifici di altezza superiore a 24 m. ai controlli di prevenzione incendi, e l’applicazione di tale disciplina in forza di un D.P.R. emanato secondo quanto previsto dagli articoli 16 e 20 del D.Lgs. n. 139/2006, sono elementi che risultano specificamente dal D.P.R. n. 151/2011, il quale, dopo aver richiamato espressamente in epigrafe il D.Lgs. n. 139/2006, elenca all’Allegato I le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi.
Inoltre, la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità personale e dei beni, nei condomini relativi a edifici (anche di altezza superiore a 24 m.), è un dato di comune esperienza. Invero, prodotti infiammabili o incendiabili atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità personale e dei beni sono anche, ad esempio, gli apparecchi alimentati ad energia elettrica funzionali all’illuminazione degli spazi comuni.
Non sembra dubitabile, poi, che dell’attività relativa agli edifici di altezza superiore a 24 m., quando costituiti in condominio, sia titolare l’amministratore di questo. A tal proposito, sembra sufficiente rilevare che, a norma dell’articolo 1130 cod. civ., l’amministratore del condominio «deve: […] 4) compiere gli atti conservativi relativi alle parti comuni dell’edificio».
Il rilievo concernente la mancata dimostrazione in concreto della disponibilità di prodotti infiammabili, per il difetto di specifica prova concernente la presenza, nel condominio, della centrale termica e dei box per le automobili, evocati dalla sentenza impugnata, d’altro canto, non si confronta compiutamente con la motivazione della di quest’ultima.
Il Giudice, infatti, ha affermato, in linea generale, che «l’amministratore del condominio, nell’ambito dell’attività svolta, “detiene e impiega” prodotti incendiabili, infiammabili ed esplodenti», ed ha fatto riferimento alla centrale termica ed ai box a titolo meramente esemplificativo.
Può aggiungersi, infatti, come rilevato in precedenza, che altri prodotti infiammabili o incendiabili atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità personale e dei beni sono anche, ad esempio, gli apparecchi alimentati ad energia elettrica funzionali all’illuminazione degli spazi comuni. Ed è estremamente improbabile, nell’attuale epoca, che un condominio, per di più relativo ad un edificio di grandi dimensioni, sia sprovvisto di tali apparecchi. Per questa ragione, la disponibilità, da parte di un condominio relativo ad un edificio di altezza superiore a 24 m, di prodotti infiammabili o incendiabili atti a procurare, in caso di incendio, gravi pericoli per l’incolumità personale e dei beni, risulta classificabile tra quelle «nozioni di fatto che rientrano nella comune esperienza», le quali, nel processo civile, a norma dell’articolo 115, secondo comma, cod. proc. civ., non avrebbero «bisogno di prova».
Modalità di comunicazione di reato «articolo 20»
Per i «non luoghi di lavoro» (es. edifici civile abitazione, autorimesse condominiali, centrali termiche, serbatoi di GPL, ecc.) tale violazione è comunicata al PM ai sensi dell’art. 347 c.p.p.
Per i «luoghi di lavoro» potrà essere utilizzata la disciplina sanzionatoria del D.Lgs. n. 758/94 tenendo conto dell’art. 301 del D.Lgs. n. 81/2008, che stabilisce che questa si applica a contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal D.Lgs. n. 81/2008 nonché da altre disposizioni aventi forza di legge.
Peraltro, l’art. 14, comma 2 del D.Lgs. n. 81/2008, stabilisce che, in materia di prevenzione incendi in ragione della competenza esclusiva del CNVVF di cui all’art. 46 trovano applicazione le disposizioni di cui agli articoli 16, 19 e 20 del D.Lgs. n. 139/2006.
In ogni caso possono essere rinvenute, a livello locale, anche altre interpretazioni che tenderebbero ad applicare, anche per i «luoghi di lavoro», la comunicazione di reato al Pubblico Ministero in base al disposto dell’art. 347 c.p.p. senza avviare la procedura di cui al D.Lgs. n. 758/94.
Precedenti controversie in merito all’omessa presentazione di SCIA o di attestazione di rinnovo.
L’art. 20, comma 1 del D.Lgs. 139/2006 prevedeva che chiunque, in qualità di titolare di una delle attività soggette al rilascio del CPI, ometteva di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato era punito con l’arresto o con l’ammenda, nel caso di attività che comportano la detenzione e l’impiego di prodotti infiammabili, incendiabili o esplodenti, da cui derivano in caso di incendio gravi pericoli per l’incolumità della vita e dei beni.
Secondo l’interpretazione fornita con lettera circolare n. 13061 del 6 ottobre 2011 «Le sanzioni penali previste per l’omessa richiesta del rilascio o rinnovo del CPI di cui all’art. 20 del D.Lgs. 139/06, trovano ora applicazione a tutte le attività individuate nell’allegato 1 (del D.P.R. n. 151/2011) in caso di mancata presentazione di SCIA.»
In tal modo la mancata presentazione della SCIA era stata equiparata all’omessa richiesta di rilascio o rinnovo del C.P.I., con la precisazione che tali sanzioni penali si dovevano applicare a tutte le «attività soggette» del D.P.R. n. 151/2011 (categoria A/B/C).
Secondo alcune interpretazioni e sentenze emesse localmente, l’omessa presentazione della SCIA (e l’omessa attestazione di rinnovo) non assumeva rilevanza penale poiché la stessa non rappresentava un atto amministrativo rilasciato, a richiesta dell’interessato, a seguito di controlli e verifiche della Pubblica Amministrazione.
Infatti, la SCIA non deve essere richiesta, quindi, né rilasciata né rinnovata, e per questo l’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2011 che punisce chiunque ometta di richiedere il rilascio o il rinnovo del certificato, non può essere riferito per analogia anche all’omessa presentazione della SCIA.
Quindi la materia, a seguito dell’introduzione della SCIA operata dal D.P.R. n. 151/2011, risultava molto controversa ed era stata oggetto di interpretazioni anche molto diverse con l’emanazione di pareri o sentenze discordanti che si è tentato di superare con le modifiche al D.Lgs. n. 139/2011 introdotte dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97.
Attestazione di fatti non rispondenti al vero nelle certificazioni e dichiarazioni ai fini della SCIA o rinnovo
Le pene previste in tal caso dall’art. 20, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006 in caso di attestazione di fatti non rispondenti al vero, sono rappresentate dalla reclusione e multa. Si tratta pertanto di «delitto», reato più grave di quelli contravvenzionali (puniti con arresto o ammenda) che contraddistinguono in genere le inadempienze in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro.
SCIA – Bad Practice
Di seguito si evidenziano alcune «cattive prassi» che appaiono, a giudizio dello scrivente, non in linea con il concetto di semplificazione voluto dalla legislazione in materia.
In particolare, si potrà riscontrare che in taluni uffici la ricevuta di avvenuta presentazione della SCIA non viene rilasciata contestualmente alla presentazione della SCIA stessa. Potrà così capitare che il controllo da parte del Comando non si limiti a verificare la completezza formale degli atti ma entri nel merito della pratica ritardando il rilascio della ricevuta in certi casi di qualche giorno, in altri fino all’effettuazione della visita tecnica. Talvolta il mancato rilascio della ricevuta può essere comunicato dopo molto tempo senza neanche effettuare la visita tecnica.
Altra cattiva prassi può essere rappresentata dal fatto che, nonostante la SCIA costituisca una semplice comunicazione non contenente istanze, viene ugualmente comunicato l’avvio del procedimento ai sensi della legge n. 241/90, in certi casi addirittura inibendo il rilascio della ricevuta. Tale procedimento può concludersi, a seguito di sopralluogo, con un «parere contrario al rilascio della SCIA» che, come si è visto, non ha nessun significato.
Ancora, tra le cattive consuetudini si può annoverare l’effettuazione di visite tecniche a campione per attività di categoria A/B superando ampiamente i limiti ministeriali minimi richiesti (8%), nonostante tali sopralluoghi non si riesca ad eseguirli entro i 60 giorni previsti.
Infine, in alcuni casi si è riscontrata anche la cattiva abitudine di non effettuare il secondo sopralluogo di verifica per accertare il rispetto delle prescrizioni impartite.
Come è stato semplificato l’aspetto «autorizzatorio» della prevenzione incendi
Fase | Vecchio Regolamento (D.P.R. 12 gennaio 1998 n. 37) | Nuovo Regolamento (D.P.R. 1° agosto 2011, n. 151) |
Inizio attività | Il cittadino chiede il rilascio del CPI e presenta la DIA che costituisce autorizzazione provvisoria all’esercizio dell’attività, in attesa del sopralluogo VVF. | Il cittadino presenta la SCIA che costituisce autorizzazione definitiva all’esercizio dell’attività. |
Sopralluogo VVF | I VVF eseguono sempre il sopralluogo e rilasciano il CPI che costituisce autorizzazione definitiva all’esercizio dell’attività. | I VVF eseguono eventuale sopralluogo (obbligatorio solo per categoria C) e redigono verbale di visita tecnica. Per categoria C tale verbale è detto «CPI», e viene inviato al cittadino. |
Come sono cambiati i due procedimenti principali di prevenzione incendi
Procedura | Vecchio Regolamento | Nuovo Regolamento | ||
Termini | Attività | Termini | Attività | |
«Esami progetto» | 45 giorni (*) | tutte | 60 giorni | Categoria B/C |
«Sopralluoghi» | 90 giorni (**) | tutte | 60 giorni | Categoria C Categoria A/B a campione |
(*) In caso di situazioni complesse il termine poteva essere prorogato al 90° giorno previa comunicazione. (**) Il termine poteva essere prorogato, per una sola volta, di 45 giorni, con motivata comunicazione. |
Disciplina sanzionatoria
Per quanto concerne la disciplina sanzionatoria, il Capo II del D.Lgs. n. 758/1994 prevede una causa speciale di estinzione dei reati di tipo contravvenzionale in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro puniti con la pena alternativa dell’arresto o ammenda, in base alle norme indicate nell’allegato I del decreto. L’estinzione è collegata al verificarsi di due successivi eventi: il tempestivo adempimento della prescrizione impartita dall’organo di vigilanza ed il pagamento in via amministrativa di una somma pari al quarto del massimo dell’ammenda stabilita per la contravvenzione commessa. Si tratta di un istituto che presenta notevoli analogie con quello dell’oblazione, previsto dagli articoli 162 e 162 bis del Codice penale, dal quale però si discosta in quanto l’estinzione del reato consegue non solo al pagamento di una somma di denaro, ma anche al tempestivo adempimento della prescrizione ed in quanto il pagamento della somma ha luogo non in sede giudiziaria ma in sede amministrativa.
Si fa presente che sono soggetti a tale procedura i reati compresi nell’allegato I del D.Lgs. n. 758/94, nonché ai sensi dell’art. 301 del D.Lgs. n. 81/2008, le contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro previste dal D.Lgs. n. 81/2008 e da altre disposizioni aventi forza di legge.
Dettagli della procedura
L’organo di vigilanza (I vigili del fuoco in relazione all’attività di prevenzione incendi e lotta antincendio) nel momento in cui accerta una violazione costituente reato contravvenzionale, in base alle norme indicate nell’allegato 1 del decreto, impartisce al contravventore un’apposita prescrizione e fissa un termine per la regolarizzazione.
La prescrizione viene notificata al contravventore, con l’obbligo di adempiere al fine di eliminare la contravvenzione già accertata, con le modalità ed i tempi indicati.
Nel caso in cui oltre alla violazione di una norma, venga accertata una situazione di pericolo, l’organo di vigilanza può imporre specifiche prescrizioni per far cessare lo stato di pericolo, in attesa della regolarizzazione. In ogni caso l’organo di vigilanza, ai sensi dell’art. 347 del Codice di procedura penale, dovrà comunicare al pubblico ministero la notizia di reato inerente alla contravvenzione. L’organo di vigilanza dovrà imputare la contravvenzione della norma violata al contravventore, il quale deve essere individuato nella persona che ha in concreto violato la norma. A tal proposito si ricorda che il D.Lgs. 9 aprile 2008, n. 81 prevede diversi articoli inerenti alle sanzioni penali, che possono individuare la figura del contravventore in vari soggetti, come il datore di lavoro, i dirigenti, i preposti, i lavoratori, gli installatori, i progettisti, i fabbricanti, i fornitori, ecc.
Il termine fissato per la regolarizzazione deve essere strettamente necessario per attuare la specifica prescrizione, e comunque non può essere superiore a sei mesi. Tali termini devono essere computati dal giorno in cui avviene la notifica al contravventore.
Ai sensi dell’art. 20, comma 1 del D.Lgs. n. 758/1994, il termine fissato per la regolarizzazione, nei casi di particolare complessità e di oggettiva difficoltà dell’adempimento, può essere prorogato fino ad un massimo di sei mesi, comprensivo anche del termine già trascorso. In tal caso, il provvedimento motivato di proroga è immediatamente comunicato al pubblico ministero. Qualora per cause obiettive non imputabili al contravventore, quest’ultimo non abbia potuto provvedere alla puntuale regolarizzazione entro sei mesi, può essere concessa una sola volta, con provvedimento motivato, un’ulteriore proroga fino ad un periodo massimo di altri sei mesi, su istanza del contravventore, il quale deve indicare le specifiche circostanze giustificative a lui non imputabili.
L’organo di vigilanza invia al pubblico ministero la comunicazione della relativa notizia di reato, il quale iscrive la notizia di reato nell’apposito registro, tenendo sospeso comunque il procedimento dal momento dell’iscrizione della notizia nel registro di cui all’art. 335 del codice di procedura penale fino al momento in cui riceve dall’Organo di Vigilanza le comunicazioni di cui all’art. 21 del D.Lgs. 19 dicembre 1994, n. 758.
La sospensione non pregiudica il potere del pubblico ministero di richiedere l’archiviazione, di disporre o compiere gli atti investigativi urgenti, di chiedere il sequestro probatorio, così come non impedisce il ricorso all’incidente probatorio.
L’organo di vigilanza deve verificare entro sessanta giorni dalla scadenza del termine prescritto l’eventuale adempimento di ognuna delle prescrizioni impartite.
Si possono verificare i seguenti casi:
- Puntuale adempimento: il contravventore è ammesso a pagare in sede amministrativa, entro trenta giorni, una somma pari ad un quarto del massimo dell’ammenda prevista dalla norma violata. In questo caso l’organo di vigilanza, entro centoventi giorni dalla scadenza del termine fissato nella prescrizione, comunica al pubblico ministero l’avvenuto adempimento e l’eventuale pagamento dell’ammenda prevista, con conseguente estinzione della contravvenzione, in caso di regolare pagamento.
- Adempimento in un termine superiore ma congruo a norma dell’art. 20, comma 1 del D.Lgs. n. 758/1994, o adempimento eseguito con modalità diverse da quelle prescritte ma comunque efficaci: il giudice potrà ammettere il contravventore alla procedura di oblazione ai sensi dell’art. 162-bis del Codice penale, ma con la somma da versare pari ad un quarto del massimo dell’ammenda.
- Mancato adempimento: l’organo di vigilanza dà comunicazione al pubblico ministero e al contravventore entro novanta giorni dal termine fissato, e il procedimento penale riprenderà il suo corso.
Competenze e adempimenti dei vigili del fuoco
L’attività di vigilanza nei luoghi di lavoro è espletata ai sensi dell’art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006.
Il personale dei Vigili del fuoco, in base all’art. 13 del D.Lgs. n. 81/2008 è organo di vigilanza sull’applicazione della legislazione di sicurezza nei luoghi di lavoro per le specifiche competenze (sicurezza antincendio).
Ai sensi della legge n. 1570/41, legge n. 469/61, da ultimo accorpate con l’art. 6, comma 2 del D.Lgs. n. 139/2006, nell’esercizio delle proprie funzioni è ufficiale e agente di polizia giudiziaria.
Limitatamente all’esercizio delle funzioni previste, il personale del ruolo di vigile del fuoco riveste la qualifica di agente di PG, mentre il personale del ruolo dei CS, CR, ispettori e SDA riveste la qualifica di ufficiale di PG (art. 2 del D.Lgs. n. 217/2005). I funzionari direttivi, i primi dirigenti e i dirigenti superiori, con esclusione di quelli con l’incarico di comandante dei vigili del fuoco, rivestono la qualifica di ufficiale di PG (art. 142 del D.Lgs. n. 217/2005 modificato dal D.Lgs. n. 127/2018).
Competenze di elevata professionalità tecnico-giuridica
L’organo di vigilanza, nell’impartire una prescrizione finalizzata alla regolarizzazione, deve anche individuare eventuali specifiche misure atte a far cessare il pericolo allo scopo di eliminare i pericoli gravi e immediati. Tale provvedimento prescrittivo implica un’elevata professionalità tecnico-giuridica che il personale ispettivo deve possedere.
Da ciò deriva la necessità della competenza esclusiva dell’organo di vigilanza a cui devono riferirsi anche gli altri organi di PG (PM, CC, P.S., G.d.F. ecc.), al fine di determinare correttamente la prescrizione necessaria per eliminare la contravvenzione.
Con l’istituto della prescrizione il legislatore ha adottato tutte le cautele e accorgimenti necessari in presenza di pericolo (da valutarsi con scrupolosa discrezione dell’Ufficiale di PG), nell’immediatezza e tra il momento dell’accertamento della contravvenzione e il termine assegnato per la regolarizzazione.
L’utilizzo di tale potere discrezionale esalta le finalità prevenzionistiche ed evita che l’organo di vigilanza debba ricorrere a provvedimenti di natura penale più restrittivi quali il sequestro che ritarderebbero proceduralmente i tempi d’intervento affinché la situazione sia regolarizzata.
Rapporti con gli altri organi di Polizia giudiziaria
Altri organi di PG a competenza generale possono contestare reati anche in materia di prevenzione incendi, indipendentemente dal fatto che l’attività sia soggetta a controllo dei Vigili del fuoco. In tal caso possono eventualmente trasmettere al Comando dei Vigili del fuoco la documentazione per i provvedimenti di competenza.
La stessa AG può delegare i controlli in materia di sicurezza del lavoro per la parte di competenza ai Vigili del fuoco, a seguito di esposto/denuncia o di comunicazione di reato da altro organo PG (Polizia, Carabinieri, Polizia Municipale, ASL, Direzione Provinciale del Lavoro, …). La distinzione fra attività soggette o meno è irrilevante ai fini dell’attività repressiva dei reati.
Il personale di ASL o altri organi di PG a competenza generale possono esercitare attività di PG su attività soggette a controllo anche per quanto attiene argomenti di prevenzione incendi. Il limite operativo degli organi di PG diversi dai Vigili del fuoco è rinvenibile unicamente nella capacità professionale di conoscere approfonditamente la complessa materia della prevenzione incendi. È bene comunque raggiungere intese con altri organi di PG, in primo luogo con la ASL, in modo da evitare inutili duplicazioni.
Violazioni più ricorrenti alla normativa di cui al D.Lgs. n. 81/2008
Violazione dell’art. 46, comma 2: Omessa adozione di idonee misure per prevenire gli incendi e per tutelare l’incolumità dei lavoratori relativamente alla:
- mancata attuazione delle prescrizioni dettate dal Comando provinciale dei Vigili del fuoco o mancata effettuazione dei lavori di cui al progetto approvato dal Comando …
- mancato rispetto delle disposizioni contenute sulla regola tecnica di prevenzione incendi …
(punito dall’art. 55, comma 5, lett. c con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 1.474,21 a 6.388,23 euro).
Violazione dell’art. 64, comma 1, lett. a): Il luogo di lavoro non è conforme ai requisiti di cui all’art. 63, comma 1 per la mancanza di requisiti indicati nell’Allegato IV:
- Vie e uscite di emergenza non sgombre… o con altezza inferiore a m 2,0 e/o larghezza minima non conforme… uscite di emergenza non dotate di porte apribili nel verso dell’esodo… porte delle uscite di emergenza chiuse a chiave… vie e uscite di emergenza non dotate di illuminazione di sicurezza… mancata predisposizione di mezzi ed impianti di estinzione idonei… o non mantenuti in efficienza e controllati… ecc.
(punito dall’art. 68, comma 1, lett. b[5] con l’arresto da due a quattro mesi o con l’ammenda da 228,50 a 5.896,84 euro).
Violazione dell’art. 64, comma 1 lett. a: Il luogo di lavoro non è conforme ai requisiti di cui all’art. 63, comma 1 per la mancanza di requisiti indicati nell’Allegato IV:
- 4.1. I progetti di nuovi impianti o costruzioni[6] di cui al punto 4.3 o di modifiche di quelli esistenti, non sono stati sottoposti al preventivo parere di conformità sui progetti da parte del Comando provinciale dei Vigili del fuoco, al quale dovrà essere richiesta la visita di controllo ad impianto o costruzione ultimati, prima dell’inizio delle lavorazioni, secondo le procedure[7] di cui all’art. 16 del D.Lgs. n. 139/2006.
Rivalutazione delle sanzioni concernenti le violazioni in materia di salute e sicurezza
L’art. 306, comma 4-bis del D.Lgs. n. 81/2008, come modificato dal decreto legge 28 giugno 2013 n. 76, convertito dalla legge n. 99/2013, stabilisce che le ammende riferite a contravvenzioni in materia di igiene, salute e sicurezza sul lavoro e le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal decreto e da atti aventi forza di legge sono rivalutate ogni cinque anni con decreto del direttore generale della Direzione generale per l’Attività Ispettiva del Ministero del lavoro e delle politiche sociali, in misura pari all’indice ISTAT dei prezzi al consumo, previa arrotondamento delle cifre al decimale superiore. In sede di prima applicazione la rivalutazione avviene, a decorrere dal 1° luglio 2013, nella misura del 9,6%.
Successivamente, con Decreto direttoriale INL n. 12 del 6 giugno 2018, con decorrenza 1° luglio 2018 è stata stabilita una rivalutazione del 1,9%.
Quindi, l’articolo 1 comma 445, lettera d) della legge n. 145/2018 (legge di bilancio) ha previsto la maggiorazione del 10%, a decorrere dal 1° gennaio 2019, degli importi dovuti per la violazione delle disposizioni di cui al D.Lgs. n. 81/2008.
Alla luce di quanto sopra, si riepilogano, di seguito, le disposizioni relative alla maggiorazione delle sanzioni che si sono susseguite nel tempo:
- Decorrenza 1° luglio 2013: rivalutazione 9,6% (Articolo 306 comma 4-bis del D.lgs n. 81/2008, come modificato dal decreto-legge 28 giugno 2013 n. 76, convertito dalla legge n. 99/2013);
- Decorrenza 1° luglio 2018: rivalutazione 1,9% (Decreto direttoriale INL n. 12 del 6 giugno 2018, nell’avviso nella GU n. 140 del 19 giugno 2018);
- Decorrenza 1° gennaio 2019: maggiorazione 10% (articolo 1 comma 445, lett. d) della Legge n. 145/2018, pubblicata sulla GU n. 302 del 31-12-2018 – S.O. n. 62).
Pertanto, a titolo di esempio, ove nel testo originario del D.lgs 9 aprile 2008, n. 81, come modificato dal D.Lgs. 3 agosto 2009, n. 106, è prevista un’ammenda di 1.000,00 euro, questa deve intendersi rivalutata a 1.096,00 euro (+9,6%) con decorrenza 1° luglio 2013, a 1.116,82 euro (+1,9%) con decorrenza 1° luglio 2018, a 1.228,50 euro (+10%) con decorrenza 1° gennaio 2019.
Amministrazioni pubbliche – Responsabile dell’attività
A titolo di esempio, per un Istituto scolastico, l’organo competente ad avanzare la richiesta del CPI è il dirigente scolastico, nella sua qualità di soggetto responsabile dell’attività, come chiarito con nota prot. n. P503/4122 sott. 32 del 31-03-2004.
L’ente locale è tenuto a collaborare con il dirigente scolastico, ponendo in essere tutte le doverose attività preliminari alla richiesta e all’accoglimento della domanda di rilascio o rinnovo del certificato che rientrino nelle funzioni allo stesso attribuite (in particolare la progettazione e realizzazione delle opere di manutenzione e di messa a norma).
Datore di lavoro e interventi necessari per sicurezza
Ai sensi dell’art. 18, comma 3 del D.Lgs. n. 81/2008 e s.m.i. (prima art. 4, comma 12 del D.Lgs. n. 626/1994), gli obblighi relativi a interventi strutturali e di manutenzione necessari per assicurare la sicurezza di locali e edifici assegnati in uso a pubbliche amministrazioni o a pubblici uffici, ivi comprese le istituzioni scolastiche e educative, restano a carico dell’amministrazione tenuta, per effetto di norme o convenzioni, alla loro fornitura e manutenzione.
In tal caso gli obblighi previsti si intendono assolti, da parte dei dirigenti o funzionari preposti agli uffici interessati, con la richiesta del loro adempimento all’amministrazione competente o al soggetto che ne ha l’obbligo giuridico.
Attestazione di rinnovo periodico
I responsabili delle attività di categoria A/B/C sono tenuti ad inviare l’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio, che consiste in una dichiarazione attestante l’assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio. Il Comando rilascia contestuale ricevuta dell’avvenuta presentazione.
La periodicità dell’Attestazione di rinnovo è di 5 anni per tutte le attività ad esclusione delle attività n. 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77, per le quali è di 10 anni presumendo la conservazione nel tempo delle caratteristiche costruttive e funzionali originarie e ininfluenti le modificazioni esterne.
Alla luce nel nuovo regolamento, anche per le attività di categoria C, non è più necessario rinnovare il C.P.I., che, come si è visto, assume valenza di una semplice attestazione e non ha quindi nessuna scadenza, di conseguenza è improprio parlare di rinnovo del C.P.I. o della SCIA.
Inoltre, l’attestazione di rinnovo periodico deve essere effettuata per tutte le «attività soggette», anche per quelle che in precedenza avevano scadenze del C.P.I. una tantum, per le quali è stata prevista la periodicità dell’attestazione di rinnovo di 10 anni.
L’Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio deve essere redatta secondo il mod. PIN3-2018, va presentata al Comando prima della scadenza, allegando:
- asseverazione (mod. PIN3.1-2014) attestante la funzionalità e l’efficienza degli impianti di protezione attiva antincendi, con esclusione delle attrezzature mobili di estinzione, e prodotti e sistemi per protezione passiva, a firma di professionista antincendio;
- Eventuale documentazione ai fini delle «modifiche non sostanziali» di cui all’art. 4, comma 8[8] del D.M. 7 agosto 2012.
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
Rispetto al regolamento precedente non occorre presentare la perizia giurata ma semplicemente l’asseverazione. È stato inoltre eliminato l’allegato dichiarazione «situazione non mutata» poiché nell’attestazione è contenuta la dichiarazione sull’assenza di variazioni alle condizioni di sicurezza antincendio
Adempimenti di prevenzione incendi del Comando
Trattandosi di comunicazioni non contenenti istanze non occorre comunicare l’avvio del procedimento. Il richiedente è in possesso di ricevuta di avvenuta presentazione rilasciata contestualmente.
Oltre alla verifica della completezza formale della dichiarazione e della documentazione prevista dall’art. 5 del D.M. 7 agosto 2012, potranno essere effettuati presso il Comando anche controlli più approfonditi da parte del personale tecnico, assicurando comunque il rilascio contestuale della ricevuta dell’avvenuta presentazione.
Attestazione tardiva di rinnovo
La presentazione di attestazione di rinnovo oltre i termini può sottintendere, secondo l’interpretazione fornita con nota DCPREV prot. n. 5555 del 18 aprile 2012:
- temporanea interruzione dell’attività;
- esercizio dell’attività in violazione all’art. 5 del D.P.R. 151/2011.
Da un punto di vista penale, il Comando può accertare tramite visita tecnica (art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006) e senza oneri per l’utente, se sussistono violazioni penali. Da un punto di vista amministrativo, la validità della attestazione avrà in ogni caso durata fino alla naturale scadenza (5 o 10 anni) della originaria presentazione della SCIA.
Sull’argomento, tuttavia, vi possono essere interpretazioni diverse a livello locale, come ad esempio quella che ritiene che debba rispondere del reato previsto dell’art. 20 del D.Lgs. n. 139/2011 (come modificato dal D.Lgs. n. 97/2017) solo colui che «ometta» la presentazione della segnalazione certificata di inizio attività e colui che «ometta» di presentare l’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio per le «attività» soggette. Alla luce di tale interpretazione, non appare sanzionata penalmente la condotta di colui che «ritardi» la presentazione della SCIA o dell’attestazione di rinnovo.
Attestazione di rinnovo – Bad Practice
Anche in questo caso è possibile imbattersi in «cattive pratiche» simili a quelle evidenziate con la SCIA, come ad esempio il fatto che la ricevuta di avvenuta presentazione non viene rilasciata contestualmente. Allo stesso modo potrà così capitare che il controllo da parte del Comando non si limiti a verificare la completezza formale degli atti ma entri nel merito della pratica ritardando il rilascio della ricevuta.
Altra cattiva prassi può essere rappresentata dal fatto che, nonostante l’Attestazione di rinnovo costituisca una semplice comunicazione non contenente istanze, viene ugualmente comunicato l’avvio del procedimento ai sensi della legge n. 241/90, inibendo il rilascio della ricevuta.
Infine, in caso di attestazione tardiva di rinnovo, sicuramente una prassi scorretta è quella di comunicare d’ufficio la notizia di reato ex art. 20, comma 1 del D.Lgs. n. 139/2006 senza effettuare accertamenti tramite visita tecnica assegnata ad un ufficiale di P.G. nell’ambito dell’attività di vigilanza ispettiva prevista dall’art. 19 del D.Lgs. n. 139/2006.
Gestione delle modifiche – riepilogo
- Modifiche «non sostanziali»: Attestazione di rinnovo periodico
- Modifiche «con variazione» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio: Nuova SCIA
- Modifiche «con aggravio» delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio: Nuovo esame progetto
Modifiche non sostanziali
Art. 4, comma 8 del D.M. 7 agosto 2012: Le modifiche non ricomprese all’art. 4, comma 6 del D.P.R. 151/2011, nonché quelle considerate non sostanziali, ai fini antincendio, da specifiche norme di prevenzione incendi sono documentate al Comando all’atto della presentazione della attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio. Per l’individuazione di tali modifiche si può fare riferimento ai criteri di cui all’Allegato IV del D.M. 7 agosto 2012 o, in alternativa, alla valutazione dei rischi di incendio dell’attività.
Modifiche con variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio
Art. 4, comma 6 del D.P.R. n. 151/2011: l’obbligo di avviare nuovamente le procedure previste per la SCIA ricorre quando vi sono modifiche di lavorazione o di strutture, nei casi di nuova destinazione dei locali o di variazioni qualitative e quantitative delle sostanze pericolose esistenti negli stabilimenti o depositi e ogni qualvolta sopraggiunga una modifica delle condizioni di sicurezza precedentemente accertate.
Nell’allegato IV al D.M. 7 agosto 2012 sono indicate, in maniera qualitativa, le modifiche delle attività esistenti rilevanti ai fini della sicurezza antincendio che comportano variazione delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
Modifiche con aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio
Art. 3, comma 1 del D.P.R. n. 151/2011: obbligo di richiedere l’esame dei progetti di modifiche da apportare a quelli esistenti, che comportino un aggravio delle preesistenti condizioni di sicurezza antincendio.
Il registro dei controlli di prevenzione incendi e il D.P.R. n. 151/2011
L’art. 6 del D.P.R. n. 151/2011 (Obblighi connessi con l’esercizio dell’attività) prescrive che le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi, non rientranti nel D.Lgs. n. 81/2008, hanno l’obbligo di mantenere in stato di efficienza sistemi, dispositivi, attrezzature e altre misure di sicurezza antincendio e di effettuare verifiche, controlli, manutenzione, informazione da annotare in un apposito registro. Nulla è specificato riguardo alle attività rientranti nel D.Lgs n. 81/2008, cosa che in passato, ha generato confusione, tra l’altro, sulla tenuta del cd. «registro dei controlli».
Richiesta di deroga
Le norme di prevenzione incendi (regole tecniche) emanate dal Ministero dell’Interno sono di tipo «deterministico-prescrittivo». A volte la presenza di vincoli di vario genere (strutturali, impiantistici, edilizi, storico-architettonici, ecc.) non consente di rispettare uno o più punti delle disposizioni antincendio vigenti. Per tenere conto di questi casi, è previsto l’istituto della deroga che consente di sanare situazioni non altrimenti risolvibili prevedendo misure tecniche alternative in grado di garantire un livello di sicurezza equivalente.
Tale procedura è pertanto attuabile unicamente in presenza di attività, anche non soggette (cioè non comprese nell’elenco dell’Allegato I al D.P.R. 151/2011, che rappresenta una novità rispetto al precedente regolamento) purché dotate di specifiche regole tecniche di prevenzione incendi (locali di pubblico spettacolo, impianti sportivi, scuole, ospedali, alberghi, impianti termici a gas o a combustibile liquido, autorimesse, gruppi elettrogeni, ecc.).
La domanda di deroga all’osservanza della vigente normativa antincendi deve essere redatta secondo il modello mod. PIN4-2018, in bollo ove previsto, e va indirizzata alla Direzione Regionale dei Vigili del fuoco, tramite il Comando provinciale. Alla domanda devono essere allegati:
- documentazione conforme all’allegato I al D.M. 7 agosto 2012 (scheda informativa, relazione ed elaborati grafici), a firma di professionista antincendio, integrata da una valutazione sul rischio aggiuntivo conseguente alla mancata osservanza delle disposizioni cui si intende derogare e dalle misure tecniche che si ritengono idonee a compensare il rischio aggiuntivo;
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
In caso di presentazione della domanda di deroga in forma cartacea, la domanda deve essere in triplice copia. La documentazione tecnica allegata (relazione tecnica e elaborati grafici) deve essere presentata in duplice copia.
Criteri di ammissibilità
Per quanto concerne i criteri di ammissibilità, questi sono stati oggetto di chiarimenti con Lettera Circolare DCPREV prot. n. 8269 del 20 maggio 2010, che ha precisato che l’impossibilità di ottemperare alle norme può derivare da:
- Vincolo esistente (non necessita di chiarimenti).
- Caratteristica dell’attività (sono stati forniti chiarimenti per uniformare a livello nazionale).
Tra le caratteristiche non tecniche devono essere prese in considerazione, tra le altre (soluzioni architettoniche o tecnologiche innovative, sperimentazione di materiali, problematiche locali, ecc.), anche quelle di tipo economico. In particolare, è stato chiarito che il difetto di motivazione non può da solo comportare il rigetto dell’istanza
Deroga con approccio ingegneristico
In caso di deroga con approccio ingegneristico, oltre a quanto previsto (art. 6 del D.M. 7 agosto 2012), la documentazione tecnica, firmata da professionista antincendio, deve essere integrata con:
- Valutazione sul rischio aggiuntivo e misure tecniche compensative determinate con l’approccio ingegneristico.
- Documento contenente il programma per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza antincendio (SGSA).
Il corrispettivo è maggiorato del 50 % rispetto a quanto previsto per la valutazione del progetto.
Adempimenti del Comando e della Direzione Regionale
Il Comando esamina la domanda ed entro 30 giorni la trasmette, con il proprio parere, alla Direzione Regionale che, sentito il Comitato Tecnico Regionale di prevenzione incendi, si pronuncia entro 60 giorni dalla ricezione, dandone contestuale comunicazione al Comando e al richiedente.
Nulla osta di fattibilità (N.O.F)
Si tratta di un procedimento facoltativo, non previsto nel precedente regolamento di cui al D.P.R. n. 37/98. I responsabili delle «attività soggette» di categorie B e C possono richiedere al Comando l’esame preliminare della fattibilità dei progetti di particolare complessità, ai fini del rilascio del nulla osta di fattibilità.
La richiesta di nulla osta di fattibilità deve essere redatta secondo il mod. PIN5-2018, in bollo ove previsto, va presentata al Comando completa dei seguenti allegati:
- documentazione conforme all’allegato I al D.M. 7 agosto 2012, con particolare attenzione agli aspetti per i quali si intende ricevere il parere, a firma di tecnico abilitato;
- attestato del versamento a favore della Tesoreria provinciale dello Stato.
I termini di conclusione sono fissati in 30 giorni.
L’istanza può essere limitata a: ubicazione; comunicazioni e separazioni; accesso all‘area ed accostamento dei mezzi di soccorso; caratteristiche costruttive e lay-out (distanziamenti, separazioni, isolamento); resistenza al fuoco; reazione al fuoco; compartimentazione; vie esodo; sistema di controllo dei fumi naturale o meccanico; aree ed impianti a rischio specifico; impianti elettrici di sicurezza; illuminazione di sicurezza; mezzi ed impianti di estinzione degli incendi; impianti di rivelazione, segnalazione e allarme; segnaletica di sicurezza o altro da specificare.
Verifica in corso d’opera
Anche questo è un procedimento facoltativo, non previsto nel regolamento di cui al D.P.R. n. 37/98.
I responsabili delle attività di categoria A/B/C possono richiedere visite tecniche da effettuarsi nel corso di realizzazione dell’opera, utilizzando il mod. PIN 6-2018, allegando:
- Documentazione relativa agli aspetti oggetto della domanda, a firma di tecnico abilitato;
- Attestato del versamento.
I termini di conclusione sono fissati in 30 giorni.
Analogamente alla domanda di N.O.F., è richiesto di specificare a quali aspetti di prevenzione incendi l’istanza è riferita. Deve essere allegata la documentazione tecnica debitamente firmata, illustrativa degli aspetti di prevenzione incendi oggetto dell’istanza.
Voltura
I titolari che succedono nella responsabilità delle attività di categoria A/B/C sono tenuti a comunicare al Comando la relativa variazione con dichiarazione mod. PIN 7-2018 attestante:
- impegno a osservare gli obblighi connessi con l’esercizio dell’attività;
- assenza di variazione delle condizioni di sicurezza antincendio rispetto a quanto in precedenza segnalato al Comando.
Sul modulo di richiesta è specificato che il dichiarante è consapevole delle conseguenze penali e amministrative previste dagli articoli 75 e 76 del D.P.R. 445/2000 in caso di dichiarazioni mendaci e formazione o uso di atti falsi nonché delle sanzioni penali previste dalla vigente normativa.
Norme transitorie
Nuove attività «soggette a controllo» di prevenzione incendi
I responsabili delle nuove attività introdotte all’Allegato I, esistenti al 22 settembre 2011, devono presentare la SCIA entro il 7 ottobre 2017. Tale termine, previsto dall’art. 11, comma 4 del D.P.R. n. 151/2011, è stato così modificato dall’art. 38, comma 2 del D.L. 21 giugno 2013, n. 69 (convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2013, n. 98) e poi dalla legge 27 febbraio 2017 n. 19 («Milleproroghe 2016»).
Limitatamente ai rifugi alpini, come previsto dall’art. 1, comma 1122, lettera i) della legge 27 dicembre 2017, n° 205, modificato, da ultimo, dall’art. 2, comma 4-octies della legge 26 febbraio 2021, n. 21 – Conversione in legge, con modificazioni, del decreto-legge 31 dicembre 2020, n. 183, il termine è stato prorogato al 31 dicembre 2021.
Attività in possesso del Certificato di prevenzione incendi
Per quanto concerne le attività esistenti al 22 settembre 2011 e in possesso del Certificato di prevenzione incendi, queste alla scadenza del Certificato devono presentare l’Attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio.
Attività in possesso del Certificato di prevenzione incendi una tantum
Le attività di cui all’art. 5, comma 2 (n. 6, 7, 8, 64, 71, 72 e 77 dell’Allegato I), devono presentare la prima attestazione di rinnovo periodico entro i seguenti termini dall’entrata in vigore del regolamento (7 ottobre 2011) entro:
- sei anni per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato antecedentemente al 1° gennaio 1988 (entro il 7 ottobre 2017);
- otto anni per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 1988 e il 31 dicembre 1999 (entro il 7 ottobre 2019);
- dieci anni per le attività con certificato di prevenzione incendi una tantum rilasciato nel periodo compreso tra il 1° gennaio 2000 e il 7 ottobre 2011 (data di entrata in vigore del regolamento). Il termine di scadenza originariamente fissato al 7 ottobre 2021 è da intendersi prorogato[9] a 90 giorni successivi dalla data di cessazione dello stato di emergenza da Covid-19.
Attività di prevenzione incendi dei Comandi dei Vigili del fuoco
L’attività di prevenzione incendi svolta dai Comandi dei Vigili del fuoco è stata oggetto di indicazioni fornite dalla Direzione centrale per la prevenzione e la sicurezza tecnica con nota DCPREV prot. n. 14809 del 6 novembre 2020. Pur se tali direttive sono rivolte ai Comandi provinciali al fine di favorire lo svolgimento delle attività di prevenzione incendi con criteri uniformi su tutto il territorio nazionale, i principi di buona prassi enunciati possono fornire elementi di valutazione utili anche ai professionisti che operano in materia antincendio.
La circolare fornisce indicazioni al personale incaricato dell’istruttoria delle pratiche, anche nel caso in cui ne abbia in carico di diverse tipologie, affinché privilegi il seguente ordine di priorità di evasione, eventualmente dando precedenza, ove necessario, all’attività di cui al punto 3 (Vigilanza ispettiva):
- Valutazione del progetto;
- Controlli di prevenzione incendi delle SCIA in categoria C;
- Vigilanza ispettiva;
- Controlli sulle attestazioni di rinnovo periodico;
- Controlli di prevenzione incendi delle SCIA in categoria A, B.
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[1] Il D.Lgs. 8 marzo 2006, n. 139 recante «Riassetto delle disposizioni relative alle funzioni ed ai compiti del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, a norma dell’art. 11 della legge 29 luglio 2003, n. 229» (G.U. n. 80 del 5 aprile 2006 – S.O. n. 83), è stato modificato prima dal D.Lgs. 29 maggio 2017, n. 97 (G.U. n. 144 del 23 giugno 2017), entrato in vigore l’8 luglio 2017 e successivamente dal D.Lgs. 6 ottobre 2018, n. 127 (Supplemento ordinario alla G.U. n. 258 del 6 novembre 2018), entrato in vigore il 21 novembre 2018.
[2] Le istanze (le parole «richiesta» o «domanda», ove presenti, possono essere considerate sinonimi) sono riferite alla valutazione del progetto (PIN 1), deroga (PIN 4), nulla osta di fattibilità (PIN 5), verifica in corso d’opera (PIN 6), mentre le segnalazioni (o anche attestazioni/dichiarazioni) sono riferite alla segnalazione certificata di inizio attività (PIN 2), attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio (PIN 3), dichiarazione per voltura (PIN 7).
[3] Le dichiarazioni e certificazioni, rese da professionisti e tecnici, sono riferite ai modelli da allegare alla SCIA per la maggior parte dei casi e all’attestazione di rinnovo periodico di conformità antincendio.
[4] Il comportamento omissivo della Pubblica Amministrazione nei confronti dell’obbligo di concludere un procedimento con l’adozione di un provvedimento entro un termine prescritto può essere distinto in ipotesi legislativamente qualificate in senso positivo (silenzio assenso) o in senso negativo (silenzio diniego e silenzio rigetto) e ipotesi non qualificate (silenzio inadempimento).
[5] Ai sensi dell’art 68, comma 2 la violazione di più precetti riconducibili alla categoria omogenea di requisiti di sicurezza relativi ai luoghi di lavoro di cui all’allegato IV, punti da 1.1 a 1.14, 2.1, 2.2, 3, 4, da 6.1 a 6.6, è considerata un’unica violazione. L’organo di vigilanza deve precisare in ogni caso, in sede di contestazione, i diversi precetti violati.
[6] Ai sensi dell’articolo 4.4.2. Le aziende e lavorazioni soggette al controllo finalizzato al rilascio del CPI sono determinate con D.P.R. da emanarsi ai sensi dell’articolo 16 comma1 del D.Lgs. n. 139/2006 (Il regolamento menzionato è rappresentato dall’Allegato I al D.P.R. n. 151/2011).
[7] Le procedure a cui si fa riferimento sono quelle previste dal D.P.R. n. 151/2011.
[8] Modifiche considerate «non sostanziali» e non ricomprese nell’Allegato IV del D.M. 7 agosto 2012.
[9] La proroga è fino al 29 giugno 2022 (90 giorni successivi dalla data di cessazione dello stato di emergenza del 31 marzo 2022). Lo stato di emergenza epidemiologica da Covid-19 è stato dichiarato con D.C.M. 31 gennaio 2020 e aveva scadenza il 31 luglio 2020. Successivamente vi sono state numerose proroghe che hanno spostato, con provvedimenti successivi, la data di tale scadenza al 15 ottobre 2020 (prima proroga), 31 gennaio 2021 (seconda proroga), 30 aprile 2021 (terza proroga), 31 luglio 2021 (quarta proroga), 31 dicembre 2021 (quinta proroga) e infine al 31 marzo 2022 (sesta proroga).